In memoria di F.T.
Ho perso e ritrovato lavori, ma non ho mai smesso di cercarli. Una questione di sopravvivenza, non solo materiale. Il lavoro sono i soldi che mi servono per mangiare, ma è anche la sensazione di avere un mio posto nel mondo, di servire a qualcosa e a qualcuno. Finché ho perso l’ultimo e non ne ho trovati più. Disoccupato cronico. A 47 anni, in una trappola di paese dell’estrema Calabria, senza altra prospettiva che una fuga per la quale cominciavano a mancarmi persino le forze.
Quand’ecco una fiammella a rischiarare il buio di giornate tutte uguali. Un corso per diventare infermiere. L’esito è sicuro, mi garantiscono, tu lo segui e dopo cominci a lavorare. Ma prima devi pagare. Duemilacinquecento euro, il costo dell’iscrizione. Me li faccio prestare dai parenti e a 47 anni non è facile trangugiare l’orgoglio e la paura che anche chi ti ama finisca per considerarti un fallito. Il corso mi piace, imparo il mestiere, ci sono lezioni pratiche in ospedale. Chi potrebbe immaginare che si tratti di una truffa? Invece scopro che il corso non è in regola, non serve a nulla, non garantisce nulla. Il mondo mi crolla sulle tempie, vedo solo fantasmi scuri. La vita mi ha truffato per tutta la vita. Ma adesso la truffo io, e me la tolgo di dosso. Chi specula sui sogni e i bisogni dei disperati dovrebbe sapere che non sta maneggiando solo denaro, ma carne viva. In questo caso la mia. Se volete, ricordatemi con le mie iniziali: F.T., martire del lavoro che manca e della cattiveria che c’è.