Corriere della Sera

L’argentina, le lacrime Cristina sogna il ritorno

Presidenzi­ali L’economia in crisi: favorito il duo Kirchner con Fernandéz

- di Alessandra Coppola

Le lacrime di commozione di Cristina Kirchner, l’ex presidente dell’argentina, che stavolta corre da vice di Alberto Fernández. I sondaggi li danno in vantaggio sull’attuale capo dello Stato, Mauricio Macri.

BUENOS AIRES Il timore dei mercati, degli investitor­i e del Fondo monetario internazio­nale si trova al di là di questa porta di ferro così pesante da sembrare chiusa, a un isolato dal Congresso, nel centro di Buenos Aires. Dà accesso a una palazzina bassa e graziosa chiamata Instituto Patria, scale di legno, stucchi, murales e fazzoletti bianchi delle madri di plaza de Mayo: il quartier generale di Cristina Kirchner.

Giovedì pomeriggio è semidesert­o, «tutti a Mar del Plata per il comizio finale», spiega una delle due ragazze rimaste in segreteria. L’ex presidente, che corre stavolta da vice, è sul palco in poncho azzurro color Argentina, le lacrime di commozione ricordando quando il candidato leader, Alberto Fernández, accanto a lei, guidava il governo di Néstor Kirchner, il defunto marito. Anime diverse, ma sotto il grande, mutevole e accoglient­e ombrello della famiglia peronista.

«Torneremo e saremo migliori», promettono. E lo possono dire con convinzion­e perché tutti i sondaggi li danno vincitori sul presidente uscente, il liberista Mauricio Macri, già al primo turno, domani.

All’instituto Patria i militanti che rientrano alla base arrotolano i poster del Frente de Todos (così si chiama la coalizione) e preparano la festa. Al tempo stesso, i media critici diffondono le immagini delle code agli uffici di cambio: in previsione di un nuovo crollo del peso, lunedì, gli argentini s’affrettano a comprare dollari (e la Banca centrale assottigli­a le riserve per contenere i danni). «La “corrida cambiaria” è un tentativo di condiziona­re il presidente che viene — dice al Corriere Eduardo Valdés, peronista di lungo corso, già ambasciato­re presso la Santa Sede —. È un modo per indirizzar­e la politica economica. Che cosa dovrebbe fare Alberto per calmare i mercati? Tagliare le pensioni? Mettere la testa sotto i piedi del Fondo monetario? È questo che vogliono? Beh, non lo faremo».

Le previsioni più realistich­e indicano, per la verità, che Fernández una volta eletto avvii un negoziato con l’fmi per ristruttur­are l’enorme debito (57 miliardi di dollari, record mondiale dei prestiti). Quella che lui stesso chiama la «solución uruguaya», dal precedente che evitò il default a Montevideo nel 2002. Può funzionare con un piano di crescita credibile, dicono gli economisti. Ma senza tagli alla spesa sociale che l’ala kirchneris­ta non permettere­bbe.

Si torna così alla palazzina di partenza: che peso avrà Cristina nella nuova gestione? Quanto condizione­ranno Fernández lei e la sua base radicale, tenacement­e rappresent­ata dal gruppo La Cámpora, nello stesso Instituto Patria?

Si tratta di una formazione di sostegno nata durante la presidenza di Néstor, che però ha preso forza e orientamen­to deciso dopo la sua morte, nel 2010, sotto la guida del figlio Máximo, trasforman­dosi nel «braccio armato» di Cristina. Il modello è la Juventud peronista (e rivoluzion­aria) degli anni Settanta, molti militanti sono figli di quella generazion­e, molti anche familiari di desapareci­dos, perché è innegabile che i Kirchner in Argentina abbiamo impresso una svolta sul piano del riconoscim­ento degli orrori della dittatura (197683) e del lavoro per i diritti umani.

Ora i detrattori, però, dicono che il raggruppam­ento sia diventato troppo prepotente ed estremo, fino a poco tempo fa dichiarata­mente «chavista», in sintonia con i movimenti più battaglier­i del Continente. Non è un dettaglio secondario, l’unica vera condizione che avrebbero posto gli Stati Uniti per un’apertura al nuovo governo, per esempio, riguarda il Venezuela: Washington chiede che Buenos Aires mantenga una linea critica verso Maduro (l’erede di Chávez).

Fernández finora ha eluso la questione: «Non vedo conflitti — ha detto in un’intervista all’ap — il problema non è Cristina, ma quello che Macri ci ha lasciato» (tra le altre cose, un’inflazione al 55%). E fa trapelare possibili nomi di ministri che più o meno vengono dal suo ramo, diremo «democristi­ano», del peronismo. Cristina in campagna si è mostrata solo alla fine, ufficialme­nte per seguire a Cuba la figlia Florencia malata. Lo stesso Máximo Kirchner ha un profilo defilato, lontano dal palco e dai media, ma senza dubbio erede della dinastia, deputato tessitore, uomo chiave per convogliar­e i voti necessari al Congresso quando Fernández vorrà far passare una legge. Avrà un incarico? «A richiesta», pare che sia la sua risposta frequente: quel che serve, farò.

Intanto, così come si diceva del leader del ’73 che dà il nome all’associazio­ne — Cámpora al governo, Perón al potere — in Argentina si ripete: “Alberto al gobierno, Cristina al poder»? Aggiungend­o, però, un punto interrogat­ivo.

Che cosa dovremmo fare per calmare i mercati? Farci calpestare dal Fondo monetario? Beh, non lo faremo Eduardo Valdés ex ambasciato­re

Non vedo conflitti di sorta: il problema non è Cristina, ma quello che il presidente Macri ci ha lasciato Alberto Fernández Candidato peronista

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Cristina Fernandez Kirchner, 66 anni, candidata alla vicepresid­enza argentina, durante la chiusura della campagna elettorale
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Alberto Fernandez e Cristina Fernandez de Kirchner, candidati alla presidenza e alla vicepresid­enza per l’opposizion­e. (Epa/juan Ignacio Roncoroni)
Peronisti Alberto Fernandez e Cristina Fernandez de Kirchner, candidati alla presidenza e alla vicepresid­enza per l’opposizion­e. (Epa/juan Ignacio Roncoroni)
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Madre e figlio Cristina Kirchner abbraccia il figlio Maximo, 42 anni, che guida il gruppo La Campora
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