La contro-inchiesta di Trump che «ribalta» il Russiagate
Il ministro della Giustizia apre un’indagine penale contrapposta all’impeachment
WASHINGTON Il sistema giudiziario americano rischia il corto circuito. Il ministro della Giustizia, William Barr, ha aperto un’indagine penale per stabilire come e perché sia nato il Russiagate, l’inchiesta sui rapporti tra Donald Trump e Vladimir Putin. L’ipotesi è che spezzoni della Cia, dell’fbi, dell’amministrazione Obama abbiano fabbricato una falsa accusa contro l’allora candidato repubblicano, sospettandolo di aver cospirato con i russi pur di danneggiare la candidatura di Hillary Clinton nel 2016. Nel complotto antitrump, pensano a Washington, potrebbero essere entrati anche i governi di Australia, Regno Unito e Italia. Per ora non c’è neanche il minimo indizio. Tuttavia Barr ha incaricato John Durham, esperto procuratore del Connecticut, di trasformare quella che era una «revisione amministrativa» in una procedura con pieni poteri investigativi. È una mossa clamorosa, senza precedenti. Durham e il suo team potranno montare un contro processo, una vera «azione parallela» all’impeachment di Trump.
Sono in arrivo settimane di scontro politico e mediatico durissimo. Da una parte le commissioni della Camera, controllate dai democratici, cercheranno di dimostrare che Trump bloccò gli aiuti militari promessi a Kiev per ottenere dal nuovo leader Zelensky la riapertura del processo per corruzione a carico di Hunter Biden, figlio dell’ex vice presidente.
Sull’altro fronte Durham, con la supervisione di Barr, potrà indagare, interrogare figure come gli ex capi dell’ Fbi,
James Comey, della Cia, John Brennan, della National Security Agency, James Clapper. Facile immaginare che l’obiettivo finale sia Robert Mueller, il Super procuratore che ha scritto nel suo rapporto di non aver trovato «prove sufficienti» per dimostrare la collusione tra Trump e i russi, senza però «escludere» che il presidente avesse ostacolato il corso della giustizia.
Il rimbalzo da uno schieramento all’altro è già iniziato. Dal Congresso si viene a sapere che l’ex consigliere per la sicurezza nazionale, John Bolton,
starebbe concordando i termini di una testimonianza per fare luce sulle manovre in Ucraina di Rudy Giuliani, l’avvocato personale di Trump. «Rudy è una bomba che ci può far saltare tutti per aria», avrebbe confidato Bolton alla consigliera della Casa Bianca Fiona Hill.
Nello stesso tempo cresce l’attesa per il rapporto preannunciato da Barr. Nel documento ci dovrebbero essere anche «le prove» che il ministro della Giustizia avrebbe raccolto a Roma. Anche se il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha assicurato la totale estraneità dei servizi segreti nel Russiagate. Barr e Durham vogliono rintracciare Joseph Mifsud, il professore maltese che collaborava anche con la Link Campus University, nella capitale italiana. Mifsud confidò a George Papadopoulos,
Governo
Il complotto antitrump coinvolgerebbe altri governi (dal Regno Unito all’italia)
Congresso
L’ex Bolton si prepara a deporre: «Giuliani è una bomba che ci farà saltare in aria tutti»
all’epoca un consigliere di Trump, che i russi possedevano materiale compromettente su Hillary Clinton. I due si incontrarono a Londra il 24 marzo del 2016. Mifsud era in compagnia di una giovane russa, Olga Polonskaya, che presentò come una persona vicina a Putin. Papadopoulos ne parlò con un suo conoscente, l’ambasciatore australiano nel Regno Unito e poi con i collaboratori di Trump. Alla fine il governo australiano avvisò l’fbi a Washington. Il Federal Bureau iniziò a indagare nel luglio del 2016 e in autunno concluse che erano stati i servizi segreti militari russi a saccheggiare i server del Partito democratico. Il ruolo di Mifsud risultò del tutto marginale e non emerse assolutamente nulla a carico di altri Paesi.