Gli ultimi scalatori di Uluru La roccia sacra agli aborigeni torna a essere proibita
Da oggi è vietato salire su uno dei simboli dell’australia La corsa all’ascensione finale, la gioia del popolo Anangu
AUSTRALIA
meno 35 anni, dai tempi del premier Bob Hawke, che i politici di Sydney promettono di rendere legge quell’invito degli Anangu (che dal 1985 hanno ottenuto formale controllo del luogo sacro). Finalmente è arrivato il giorno della «chiusura permanente», come recita un altro cartello intorno al quale gli anziani hanno posato per i reporter. Ieri il piacere degli ultimi salitori ha rischiato di trasformarsi in beffa: alle sette del mattino i ranger hanno chiuso il passaggio, a causa del vento forte (40 nodi sulla cima). Alle 10 il desiderato via libera: il vento era calato, il caldo non era eccessivo, e così una striscia di formiche umane si è snodata
Ayers Rock
Chiusura
Il cartello indica la «chiusura permanente» della montagna detta anche Ayers Rock. A sinistra, l’ultima coda per arrivare in cima (Lukas Coch) base alla groppa del monolite, manco fosse l’everest in alta stagione. Nessuno si è sentito male. Cosa non scontata: almeno 37 persone sono morte sulla montagna sacra da quando i turisti hanno cominciato a salirci. Chi scivolando, chi per il mal di cuore. Ora anche la piccola ferrata sommitale sarà smantellata. La prospettiva che il divieto allontani i turisti è remota (fino a oggi solo il 15% dei viaggiatori ha sfidato la volontà del popolo Anangu). «Uluru continuerà a essere un luogo straordinario», ha raccontato la guida Rick Peterson, ex soldato delle forze speciali australiane che collabora con gli aborigeni. Domani alla base della montagna sacra si terrà una cerimonia. Ci saranno gli anziani come Minja Jean Uluru-reid, Barbara Nipper, Johnny Dingo. E ci saranno i turisti che vivranno il brivido di essere i primi non-salitori della nuova era.
Nel mondo ci sono luoghi off-limits (e non solo per il pericolo di non uscirne vivi). In Bhutan è proibito scalare montagne sopra i seimila metri in ossequio a determinate credenze religiose. E chi non crede, non ha il diritto di salire? Il laicismo dell’alpinismo (e del turismo) vorrebbe così. Ma Uluru non è di tutti. È dei discendenti dei Mala. C’è il rispetto che si deve alle persone come Minja. C’è da riscoprire il piacere e il mistero del limite. E poi chi l’ha detto che non basti guardare una montagna per sentirsi in cima?