«I Vanzina? Tra il mio Carlo e suo fratello solo rapporti professionali»
La vedova: era un uomo riservato, il suo dolore non andava raccontato
«M i ha fatto molto male. Per me è stato un secondo funerale. Ho rivissuto tutta una parte della mia vita che non tornerà mai più. Ma ringrazio Giampaolo Letta per aver dimostrato ancora una volta il suo affetto, peraltro ricambiato, verso mio marito decidendo di produrre il documentario di Antonello Sarno come un omaggio alla sua carriera».
Lisa Melidoni è la vedova di Carlo Vanzina. Insieme hanno avuto due figlie, Isotta e Assia, di 24 e 21 anni, ma il regista è sempre stato legatissimo anche alla primogenita di Lisa, Virginie, nata dal precedente matrimonio con Jean Claude Marsan. Ieri pomeriggio non è potuta mancare alla proiezione di Carlo Vanzina. Il cinema è una cosa meravigliosa all’auditorium Parco della Musica. Anche se le è costato molto.
Cosa le ha fatto più male?
«Il dolore che provo non è mai cambiato dall’8 luglio del 2018. Diventa ancora più grande quando guardo le mie figlie e penso che sono rimaste senza il loro papà».
E a lei cosa manca di più?
«Tutto. Eravamo talmente in simbiosi che è come se mi avessero tolto gli organi, come se fossi in una camera dove manca l’aria. Faccio degli sforzi incredibili per andare avanti, perché ho tre figlie e delle responsabilità e non posso cedere. Ma per fortuna non sono mai stata lasciata sola dalla mia famiglia e dagli amici di Carlo».
Chi sono?
«Tanti. Giovanni Malagò, Luca Montezemolo, Vincenzo Salemme, Carlo e Polissena, Frances e tante altre amiche generose e riservate che ci hanno circondato di amore. Ma non solo loro. A me fa un immenso piacere sperimentare ogni giorno l’affetto delle persone comuni, il giornalaio, la cassiera, gli sconosciuti che mi fermano per strada per dirmi che grande perdita sia stata la scomparsa di Carlo. Sono le risposte a quelle righe non veritiere scritte su mio marito».
A cosa si riferisce?
«Carlo era una persona talmente riservata che mai avrebbe voluto che la sua intimità nella sofferenza e nel dolore finisse alla mercé di tutti. Così come non meritava di essere raccontato come un uomo inseguito dal fisco, lui che ha fatto più di sessanta film e che ci ha lasciati in totale serenità economica».
Sta parlando di quello che ha scritto suo cognato Enrico nel libro «Mio fratello Carlo» pubblicato a settembre con Harpercollins?
«Io Enrico non lo commento, si commenta da solo e la gente che ci conosce ha capito tutto».
Ma non avete avuto occasioni per incontrarvi e chiarirvi?
«No. E comunque noi non ci siamo mai frequentati con Enrico, mai fatto un compleanno di Carlo o delle mie figlie con lui, mai un Natale o un pranzo o una cena».
Enrico e Carlo, però, lavoravano insieme.
«Sì, appunto. Era solo una frequentazione professionale. E poi si vedevano da Malagò per guardare la partita della Roma. Carlo era un tifoso sfegatato, innamorato di Totti. Quando la Roma perdeva mi dovevo sorbire un’ora di umore nero».
Suo marito le parlava mai dei film ai quali stava lavorando?
«Certo, mi chiedeva sempre, anzi io ero la musa ispiratrice più che bacchettatrice».
Nessun debito
«Lui inseguito dal fisco? È falso: ha fatto 60 film, non abbiamo certo guai economici»
Quale film ha amato di più?
«Io ho adorato
Il pranzo