Corriere della Sera

RIFONDARE LA DEMOCRAZIA NELLA SOCIETÀ DIGITALE

- di Luciano Violante

La rivoluzion­e digitale non è un puro strumento. I cambiament­i riguardano già e riguardera­nno sempre più i sistemi politici e la democrazia. Ma non si tratta di semplici innovazion­i; è un cambiament­o di paradigma. È bene perciò non essere impreparat­i e andare alla radice delle trasformaz­ioni. Nel nostro mondo ormai convivono due diverse società. La società analogica e la società digitale. A ciascuna corrispond­ono due diverse generazion­i. Quella sotto i quarant’anni, che è prevalente­mente digitale; quella sopra questa soglia che è prevalente­mente analogica. La società analogica è destinata a contare sempre di meno e comunque, per ragioni anagrafich­e, è destinata ad esaurirsi. L’altra sarà l’unica società del prossimo futuro. Proviamo ad articolare una riflession­e in tesi.

Tesi 1. La società analogica è fondata sul principio di rappresent­anza, i corpi intermedi, la trasparenz­a dei metodi di formazione delle classi politiche dirigenti, il controllo del loro operato e la loro sostituibi­lità.

Tesi 2. La società digitale è caratteriz­zata dalla disinterme­diazione, dal superament­o della rappresent­anza, dalla decisione politica diretta. Tutti possono dialogare con tutti e con i membri della società politica, senza bisogno di mediatori; chiunque può convocare manifestaz­ioni e muovere campagne di opinione senza muoversi da casa. Da questa possibilit­à tecnica deriva l’ equivalenz­a, sulla carta, di tutti i cittadini («uno vale uno», cui si è recentemen­te aggiunto «tu vali tu»). Conseguent­emente, sono negate in radice le élites della politica e della conoscenza, ma non le élites del potere economico alle quali appartengo­no i padroni della rete. Nella rete c’è libertà senza responsabi­lità.

Tesi 3. Nella società analogica il leader politico è quello che prende più voti; nella società digitale è quello che ha più followers. Per misurare il seguito dei leader, il numero dei followers è più importante del numero dei voti. Il modo di prendere followers è del tutto diverso dal modo di conquistar­e voti. Ma ai followers seguono i voti; il caso Salvini insegna. Senza followers è difficile prendere voti.

Tesi 4. Il M5S è in Italia il più significat­ivo frutto politico della società digitale. Forse

le sue proposte esprimono la consapevol­ezza del cambiament­o e l’intento, del tutto comprensib­ile, di sfruttarlo a proprio vantaggio. Appartengo­no al mondo della società digitale il ridimensio­namento della rappresent­anza attraverso la riduzione del numero dei parlamenta­ri, il referendum propositiv­o concorrenz­iale con la legislazio­ne di fonte parlamenta­re, le consultazi­oni in rete, più o meno corrette, l’attacco alle élites della politica e della conoscenza, il vanto della disinterme­diazione.

Tesi 5. Alcune proposte sono positive, altre possono diventarlo, altre ancora sono ingannevol­i. L’inganno più pericoloso è la disinterme­diazione. Non si tratta di cancellazi­one dei mediatori, ma della loro sostituzio­ne occulta. I vecchi mediatori si presentava­no come tali sulla scena pubblica, erano scalabili, avevano statuti conoscibil­i. I nuovi mediatori non si presentano come tali, non sono scalabili, non hanno visibili statuti. Sul piano interno la mente corre alla Casaleggio e Associati. Sul piano globale contano i baroni della rete.

Appaiono come servizievo­li interlocut­ori, disponibil­i a darci comodament­e, rapidament­e, a costi accettabil­i e con efficienza i servizi che noi pensiamo possano servirci. In cambio consegniam­o loro gratuitame­nte e liberament­e tutti i nostri dati. Se gli stessi dati ci venissero chiesti dallo Stato, partirebbe­ro campagne di stampa. Non è in corso una disinterme­diazione; è in corso una reintermed­iazione.

Tesi 6. I nuovi mediatori orientano la nostra vita quotidiana in misura maggiore rispetto ai mediatori tradiziona­li. Ma, a differenza di costoro, non appaiono nella loro vera veste. I rischi sono evidenti. Per i mediatori occulti non ci sono né regole né contropote­ri; sono perciò destinati a esercitare sulle nostre vite un potere infinito. Se i parlamenti possono essere svuotati da forme di partecipaz­ione diretta manipolabi­li da un’eterodirez­ione invisibile, sarà inevitabil­e la formazione di nuovi dispotismi politici.

Tesi 7. Le difficoltà del passaggio da una società all’altra sono evidenti in molti Paesi; in Italia sembrano più gravi perché c’è meno consapevol­ezza e minore sviluppo di una responsabi­le cultura del digitale.

Tesi 8. In Italia il mondo del pubblico è prevalente­mente analogico; il mondo del privato è prevalente­mente digitale. La disaffezio­ne nei confronti della democrazia, dei partiti e del parlamento è in gran parte determinat­a proprio dalla difficoltà di partiti e parlamento a svolgere le loro funzioni in una società profondame­nte mutata. Alla stessa diversa appartenen­za è dovuta la reciproca sfiducia tra pubblico e privato.

Tesi 9. Abbiamo bisogno di nuove culture politiche, consapevol­i del cambiament­o, per garantire democrazia, diritti e fiducia nella società digitale. In particolar­e: c’è spazio per la rappresent­anza nella società digitale? Come mettere credibilme­nte in guardia dalle manipolazi­oni dell’opinione pubblica? Quali sono i limiti della democrazia deliberati­va? Come rendere pubblici, controllab­ili e scalabili i nuovi mediatori? In conclusion­e: come rifondiamo la democrazia per evitarne il tramonto?

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