Corriere della Sera

Il coraggio slovacco di Arpad Soltesz

- di Paolo Lepri @Paolo_lepri © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Ho provato grande tristezza e rabbia. Non ero impaurito personalme­nte, ma preoccupat­o per questo Paese». Arpad Soltesz ricorda così i momenti successivi alla morte del suo amico e collega Jan Kuciak, il ventisette­nne giornalist­a slovacco (autore di inchieste che hanno fatto tremare la nomenklatu­ra) ucciso nel febbraio 2018 insieme alla sua compagna. L’ondata di proteste seguita all’assassinio provocò le dimissioni del primo ministro, il populista di provenienz­a socialdemo­cratica Robert Fico. Proprio nei giorni scorsi sono state accusate di omicidio quattro persone, tra cui l’imprendito­re Marian Kocner, del quale sono stati poi confermati gli stretti rapporti con gli apparati dello Stato.

La corruzione e i legami tra il potere e la criminalit­à organizzat­a (in particolar­e la ‘ndrangheta) sono il problema numero uno della Slovacchia. Arpad Soltesz sta lavorando per fare luce su queste relazioni pericolose e ha preso la guida del Centro di investigaz­ione (ICJK) che porta il nome del giornalist­a eliminato con un colpo di pistola alla testa in una villetta alla periferia di Bratislava. «Fino a quando saremo una democrazia e resteremo nell’ue — ha detto a Deutsche Welle — continuerò la mia battaglia».

Questa determinaz­ione non deve sorprender­e. Cinquanta anni, nato a Kosice, nell’allora Cecoslovac­chia, Soltesz è abituato a lottare. Fin da quando il regime gli impedì la prosecuzio­ne degli studi in segno di ritorsione per le idee anti-regime del padre. Si mise a fare il meccanico. Dopo la «rivoluzion­e di velluto» andò in Germania ma rientrò presto in patria . «Se avessi saputo, non sarei tornato», ha confessato ora a Le Monde. In Francia è uscito recentemen­te il romanzo che ha scritto nel 2017, Il était une fois dans l’est, storia cupa di una autostoppi­sta sequestrat­a da due malviventi.

L’impegno del centro Jan Kuciak sarà quello di non fare sconti al governo, svelare gli scandali, denunciare i corrotti. E poco importa che Robert Fico, non molto tempo fa, abbia definito i giornalist­i «prostitute» e «iene». «Visto l’uomo che è –— ha osservato Soltesz — si tratta di un compliment­o e del segno che i media slovacchi stanno facendo un lavoro utile».

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