Sudjic: il design fa capire il mondo
Il progettista deve intuire che cosa accadrà
Buckminster Fuller non sarà stato certamente l’unica celebrità a suggerire che «il modo migliore per prevedere il futuro è inventarlo». Nel suo caso, però, l’architetto statunitense ci ha lasciato numerose intuizioni geniali per capire il mondo che ci circonda, ad esempio il concetto della Terra come nave spaziale. Anche se — malgrado la sua automobile innovativa Dymaxion a tre ruote e la sua casa prefabbricata — non riuscì a immaginare quello che sarebbe stato effettivamente il futuro del trasporto e dell’abitazione.
Tuttavia quella sua affermazione, proprio per la sua audacia, seppe impartire un impulso straordinario ai progettisti: disegnare qualunque cosa equivale a prevedere quello che accadrà in seguito, e sulla base dei duecento anni trascorsi dacché la progettazione industriale è stata riconosciuta come materia di studio, quella previsione non potrà essere che ottimistica. I designer, difatti, sono profondamente convinti di poter migliorare qualunque cosa.
La questione, ovviamente, resta: meglio per chi? Ai suoi esordi, il disegno industriale si occupava di fabbricare prodotti che promettevano buone vendite e si potevano realizzare a basso costo. In breve tempo, si diffuse la convinzione che questi prodotti fossero utili e indispensabili a tutti. Negli anni ‘70, fu grazie a Ralph Nader e alle sue crociate contro i veicoli pericolosi sfornati da Detroit che il problema della sicurezza dei prodotti fu compreso e affrontato con estrema serietà. Ancora oggi, la vicenda del Boeing 737 Max dimostra che la sicurezza è qualcosa che non si può mai dare per scontata. Negli anni ‘80, Ettore Sottsass e Alessandro Mendini usarono il design come forma di critica culturale, un mezzo poetico per rimettere in questione i nostri valori e i nostri rapporti con il mondo materiale. Oggi siamo arrivati al punto in cui Extinction Rebellion ci ammonisce che se non smettiamo subito di usare gli aerei, se non rinunciamo alla moda domani stesso, miliardi – sì, così sostengono – miliardi di persone moriranno nell’arco dei prossimi dieci o vent’anni. Se fosse vero, saremmo già condannati. L’ultima volta che qualcuno volle imporre un cambiamento altrettanto rapido e radicale fu il tentativo di Stalin di collettivizzare l’agricoltura sovietica, con il risultato di provocare una carestia durante la quale milioni di persone morirono di fame. Il design tocca il suo apice quando riflette una filosofia.
Il design è uno strumento per capire il mondo: il suo punto di partenza è come funzionano le cose, come sono fatte, ma – altrettanto importante – come vengono utilizzate. Compito del designer è ascoltare tutte le voci nella stanza. Il design è meno propenso a dettare particolari modi di vivere rispetto a quelle che sono le conseguenze, spesso impreviste, dei cambiamenti tecnologici. Lo smartphone ha reso possibile Tinder, Uber e Amazon, che a loro volta hanno alterato profondamente
il modo in cui ci incontriamo, ci muoviamo nelle città, o facciamo acquisti. Lo smartphone ha appena dodici anni di vita e già sta cancellando il bar e il night club come luoghi di incontro, mentre fa chiudere i negozi di quartiere. Il designer ha il compito di studiare come misurarsi con queste alterazioni e cambiamenti, per aiutarci a conservare l’essenziale della vita civile sotto la spinta di mutamenti rapidi e senza precedenti. Sono questi i concetti fondamentali esposti da NEXT Design Perspective, la conferenza organizzata da Altagamma, nell’edizione 2019 di cui sono curatore. Attraverso la lente del design e della creatività, andremo a indagare l’impatto del cambiamento su alcuni dei grandi campi di interesse che investono il futuro sia del nostro stile di vita che delle industrie che lo sostengono: trasporti, moda, arredi, cibo e accoglienza.
(traduzione di Rita Baldassarre)
Ascolto
Lo smartphone ci ha cambiato la vita: così un’idea genera delle alterazioni imprevedibili