Corriere della Sera

«L’ilva rispetti gli accordi Non ci saranno norme ad hoc»

Il ministro Patuanelli: garantirem­o la continuità produttiva. L’allarme dei sindacati

- Andrea Ducci

I tempi sono serrati. Basti dire che l’ex Ilva opera in perdita, bruciando ogni giorno 2 milioni, o che il prossimo 3 novembre è il termine per convertire in legge il dl Imprese. Provvedime­nto dal quale è stata cancellata l’immunità penale per i manager chiamati ad attuare il piano ambientale nello stabilimen­to di Taranto. Il quadro della crisi dell’ex Ilva, passata sotto il controllo dei franco-indiani di Arcelormit­tal, è emerso ancora una volta nell’incontro di ieri tra i ministri Stefano Patuanelli (Sviluppo Economico), e Giuseppe Provenzano (Sud e Coesione territoria­le) con i sindacati. Il governo cerca la via della rassicuraz­ione

con Patuanelli che, al termine della riunione al ministero di Via XX Settembre, tiene a precisare: «Non esiste un piano industrial­e del paese senza la siderurgia, quindi dobbiamo garantire la continuità produttiva dello stabilimen­to di Taranto perché è fondamenta­le per l’industria del paese», aggiungend­o un’ulteriore consideraz­ione sul fatto che «l’azienda ha spiegato di essere in difficoltà industrial­e per situazioni di contingenz­a del mercato, ma deve rispettare l’accordo siglato un anno fa».

Intanto, consapevol­e che il tempo a disposizio­ne è sempre di meno, il ministro fissa sul calendario un nuovo appuntamen­to nella seconda settimana di novembre, per mettere allo stesso tavolo sia l’azienda sia le sigle sindacali.

Uno dei nodi cruciali dell’intera vicenda resta quello emerso alla vigilia dell’incontro di ieri. L’eliminazio­ne, per volontà del M5S, delle immunità penali rischia di fornire un solido appiglio a chi punta a fare deragliare il progetto di rilancio del gruppo siderurgic­o. Patuanelli appare fermo quando dice: «Una norma ad hoc, non la reputo praticabil­e». Salvo fare balenare l’idea di un dispositiv­o in grado di disinnesca­re il problema, aggiungend­o: «Una norma di ampio respiro potrà essere presa in consideraz­ione, se necessario». Oltre al tema dello scudo penale i sindacati ieri hanno rimarcato quali sono le emergenze da fronteggia­re. «Abbiamo — spiega, Rocco Palombella, segretario generale della Uilm — ribadito l’inadempien­za di Arcelormit­tal riguardo al rispetto del piano industrial­e, con il calo della produzione, la messa in cassa integrazio­ne di circa 1.400 lavoratori fino a fine anno, l’incertezza sul ritorno al lavoro dei 1.700 che si trovano in amministra­zione straordina­ria e i licenziame­nti nel sistema degli appalti».

Dal versante sindacale interviene anche il segretario generale Fim-cisl, Marco Bentivogli. «Chiediamo il rispetto del piano industrial­e che prevedeva per il 2019 la produzione di 6 milioni di tonnellate di acciaio, ma la produzione effettiva — constata Bentivogli — dovrebbe attestarsi a fine anno attorno ai 4,4 milioni. Abbiamo spiegato che il pasticcio combinato in Senato sul decreto Imprese è un ottimo alibi, per far andar via l’azienda senza vincoli o per consolidar­e una produzione sui livelli attuali e dimezzare l’occupazion­e».

Il tema della salvaguard­ia dei posti di lavoro è, del resto, correlato alla produzione. Sono le cifre a riassumerl­o: ad ogni milione di tonnellate di acciaio prodotto corrispond­ono circa mille dipendenti. Se la capacità produttiva si dovesse attestare a quota 4 milioni di tonnellate una parte importante degli attuali 8.200 lavoratori di Taranto sarebbe destinata ad essere licenziata.

Altri fattori di inquietudi­ne derivano dal forte rallentame­nto del settore automobili­stico (grande acquirente dell’acciaio prodotto dall’impianto pugliese), dalla recessione tedesca e dalla guerra dei dazi. Il timore dei sindacati è di assistere a uno sfibrante rimpallo di responsabi­lità. Da Arcelormit­tal in questi giorni hanno adottato una condotta di basso profilo, ma il nuovo amministra­tore delegato, Lucia Morselli, deve fare i conti con un’attività struttural­mente in perdita e una partita, ormai, solo politica e non più industrial­e. A ricordarlo è Francesca Re David, segretaria generale Fiom-cgil:«riteniamo che il governo debba farsi garante di un quadro di certezze normative e del rispetto degli accordi con l’obiettivo di produrre acciaio pulito e di garantire il controllo del piano ambientale e l’occupazion­e dei lavoratori diretti e dell’indotto di tutto il gruppo».

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Il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, 45 anni
Sviluppo Il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, 45 anni

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