«L’ilva rispetti gli accordi Non ci saranno norme ad hoc»
Il ministro Patuanelli: garantiremo la continuità produttiva. L’allarme dei sindacati
I tempi sono serrati. Basti dire che l’ex Ilva opera in perdita, bruciando ogni giorno 2 milioni, o che il prossimo 3 novembre è il termine per convertire in legge il dl Imprese. Provvedimento dal quale è stata cancellata l’immunità penale per i manager chiamati ad attuare il piano ambientale nello stabilimento di Taranto. Il quadro della crisi dell’ex Ilva, passata sotto il controllo dei franco-indiani di Arcelormittal, è emerso ancora una volta nell’incontro di ieri tra i ministri Stefano Patuanelli (Sviluppo Economico), e Giuseppe Provenzano (Sud e Coesione territoriale) con i sindacati. Il governo cerca la via della rassicurazione
con Patuanelli che, al termine della riunione al ministero di Via XX Settembre, tiene a precisare: «Non esiste un piano industriale del paese senza la siderurgia, quindi dobbiamo garantire la continuità produttiva dello stabilimento di Taranto perché è fondamentale per l’industria del paese», aggiungendo un’ulteriore considerazione sul fatto che «l’azienda ha spiegato di essere in difficoltà industriale per situazioni di contingenza del mercato, ma deve rispettare l’accordo siglato un anno fa».
Intanto, consapevole che il tempo a disposizione è sempre di meno, il ministro fissa sul calendario un nuovo appuntamento nella seconda settimana di novembre, per mettere allo stesso tavolo sia l’azienda sia le sigle sindacali.
Uno dei nodi cruciali dell’intera vicenda resta quello emerso alla vigilia dell’incontro di ieri. L’eliminazione, per volontà del M5S, delle immunità penali rischia di fornire un solido appiglio a chi punta a fare deragliare il progetto di rilancio del gruppo siderurgico. Patuanelli appare fermo quando dice: «Una norma ad hoc, non la reputo praticabile». Salvo fare balenare l’idea di un dispositivo in grado di disinnescare il problema, aggiungendo: «Una norma di ampio respiro potrà essere presa in considerazione, se necessario». Oltre al tema dello scudo penale i sindacati ieri hanno rimarcato quali sono le emergenze da fronteggiare. «Abbiamo — spiega, Rocco Palombella, segretario generale della Uilm — ribadito l’inadempienza di Arcelormittal riguardo al rispetto del piano industriale, con il calo della produzione, la messa in cassa integrazione di circa 1.400 lavoratori fino a fine anno, l’incertezza sul ritorno al lavoro dei 1.700 che si trovano in amministrazione straordinaria e i licenziamenti nel sistema degli appalti».
Dal versante sindacale interviene anche il segretario generale Fim-cisl, Marco Bentivogli. «Chiediamo il rispetto del piano industriale che prevedeva per il 2019 la produzione di 6 milioni di tonnellate di acciaio, ma la produzione effettiva — constata Bentivogli — dovrebbe attestarsi a fine anno attorno ai 4,4 milioni. Abbiamo spiegato che il pasticcio combinato in Senato sul decreto Imprese è un ottimo alibi, per far andar via l’azienda senza vincoli o per consolidare una produzione sui livelli attuali e dimezzare l’occupazione».
Il tema della salvaguardia dei posti di lavoro è, del resto, correlato alla produzione. Sono le cifre a riassumerlo: ad ogni milione di tonnellate di acciaio prodotto corrispondono circa mille dipendenti. Se la capacità produttiva si dovesse attestare a quota 4 milioni di tonnellate una parte importante degli attuali 8.200 lavoratori di Taranto sarebbe destinata ad essere licenziata.
Altri fattori di inquietudine derivano dal forte rallentamento del settore automobilistico (grande acquirente dell’acciaio prodotto dall’impianto pugliese), dalla recessione tedesca e dalla guerra dei dazi. Il timore dei sindacati è di assistere a uno sfibrante rimpallo di responsabilità. Da Arcelormittal in questi giorni hanno adottato una condotta di basso profilo, ma il nuovo amministratore delegato, Lucia Morselli, deve fare i conti con un’attività strutturalmente in perdita e una partita, ormai, solo politica e non più industriale. A ricordarlo è Francesca Re David, segretaria generale Fiom-cgil:«riteniamo che il governo debba farsi garante di un quadro di certezze normative e del rispetto degli accordi con l’obiettivo di produrre acciaio pulito e di garantire il controllo del piano ambientale e l’occupazione dei lavoratori diretti e dell’indotto di tutto il gruppo».