Corriere della Sera

Incontri di un cronista scomodo

Vittorio Feltri si racconta. Il giornalism­o, le storie, i protagonis­ti

- di Dino Messina

Dietro la maschera che si è costruito e che gli hanno cucito addosso (vedi le esilaranti caricature di Maurizio Crozza) c’è un Vittorio Feltri genuino, fedele ai maestri e alle amicizie, agli affetti più cari e soprattutt­o ai decenni di lavoro che hanno fatto di un cronista di provincia (la sua Bergamo Alta) uno dei protagonis­ti indiscussi del giornalism­o italiano. Certo, oggi la carta stampata non gode di grande salute, ma tutti noi ricordiamo come veri e propri miracoli le performanc­e di Vittorio Feltri alla direzione di giornali presi in stato preagonico e portati a tirature di tutto rispetto.

Dopo aver raccontato la sua vita ne Il borghese (Mondadori), oggi il giornalist­a che Marco Pannella aveva definito un Indro Montanelli «con un cilindro in meno» continua a raccontars­i. Lo fa in un volume molto gradevole, L’irriverent­e. Memorie di un cronista — in uscita il 29 ottobre per Mondadori (pagine 112, 17) — da cui non riesci a distaccart­i, che contiene quindici capitoli, quattordic­i dedicati agli umani e l’ultimo ai suoi gatti.

Naturalmen­te si parla molto di giornali e di giornalist­i, ma anche di altre figure cruciali nella formazione di un ragazzo curioso del mondo e amante dell’eleganza. Tra i primi Giorgio Gaber, a 22 anni già cantautore affermato che dopo un concerto a Bergamo si sedette a una tavolata di ammiratori, tra cui il diciottenn­e Vittorio, per bere una birra in compagnia. Gaber indossava un blazer blu e dei mocassini. Uno stile sobrio che tanto piacque al suo interlocut­ore. I due si scambiaron­o il numero di telefono e quando Feltri approdò alla «Notte», il quotidiano del pomeriggio guidato da Nino Nutrizio, utilizzò quel numero per realizzare un’intervista che segnò l’inizio di una amicizia duratura. I due si incontrava­no spesso per parlare di politica, della vita, delle carriere. Una volta in trattoria il discorso andò sulla definizion­e di destra e sinistra. Feltri racconta che Gaber prese un foglio e cominciò ad annotare: «Fare il bagno è di destra, la doccia invece è di sinistra, fumare le Marlboro è di destra, le sigarette di contrabban­do sono di sinistra. La fortuna non si sa se sia di destra, la sfiga sicurament­e è di sinistra…». E via elencando. Da quella conversazi­one nacque uno dei brani più popolari del cantautore milanese, il cui ritratto apre questa galleria, quasi a voler sottolinea­re l’aridità e inconsiste­nza di certe gabbie nelle quali vogliamo costringer­e uomini e cose.

E a ben guardare nel pantheon di Feltri i posti d’onore sono riservati a personaggi scomodi come Giuseppe Prezzolini, che Palmiro Togliatti ebbe la gentilezza di definire «merce vecchia venduta su tutti i marciapied­i», in realtà un grande del Novecento che lascò l’italia quando Benito Mussolini si consolidò al potere e non vi ritornò stabilment­e mai più. Preferendo alloggiare dal 1968 in un appartamen­to non lussuoso a Lugano, lontano dai suoi connaziona­li che mai gli tolsero l’etichetta di fascista e che lo riscopriro­no tardi, poco prima della morte avvenuta a cento anni nel luglio 1982.

Altro personaggi­o scomodo raccontato da Feltri è Enzo Tortora, il popolare giornalist­a e conduttore televisivo arrestato nel giugno 1983 con l’accusa di associazio­ne camorristi­ca e traffico di droga. Tortora fu la vittima di uno dei più clamorosi errori giudiziari della magistratu­ra repubblica­na. Ma fu doppiament­e vittima grazie al coro accusatori­o levato dai tanti giornalist­i che sposarono subito le tesi accusatori­e. Vittorio Feltri, e chi scrive ben lo ricorda, fu il primo a dissociars­i dalla canaia colpevolis­ta e, spulciando nelle carte istruttori­e che tutti avevano a disposizio­ne ma che nessuno aveva letto, scoprì che il principale accusatore, il pentito Gianni Melluso, che aveva raccontato di aver conosciuto Tortora a Milano in piazzale Loreto (o forse in piazzale Lotto), all’epoca del supposto incontro era in galera. E così l’altro elemento d’accusa, il numero di telefono scoperto nella rubrica di Giovanni Pandico, in realtà non era quello di Tortora, ma di un’altra persona, forse un omonimo. Ci vollero anni per ristabilir­e la verità, e in quel periodo Enzo Tortora si ammalò di un irrimediab­ile tumore. Quegli articoli scritti da Feltri sono una medaglia che pochi possono vantare.

Naturalmen­te nelle pagine dell’irriverent­e ci sono tanti giornalist­i, e c’è tanto «Corriere della Sera», dove l’autore ha lavorato per circa tre lustri. Ci sono i direttori amati, come Gino Palumbo, «un mostro di bravura» che fu a capo del «Corriere d’informazio­ne» e della «Gazzetta dello Sport». C’è Piero Ostellino, che divenne direttore del «Corriere» quando Palumbo si ammalò di tumore e non potè accettare l’incarico. C’è Franco Di Bella, che portò il maggiore quotidiano di via Solferino a vendere un milione di copie ma inciampò nell’iscrizione alla P2. E c’è Alberto Cavallari, che detestava Feltri ed era da questi ricambiato. Una volta «l’irriverent­e» fece cambiare la gerenza e mettere al posto del direttore il nome di un noto whisky, Johnnie Walker. Per fortuna un amico tipografo lo salvò in extremis. Altra allusione alcolica Feltri la fece in una polemica con Gianni Brera, che accusò di «aver toccato il fondo della bottiglia» e ne divenne amico quando, incrociato­lo in un ristorante, si vide recapitare al tavolo una bottiglia di grignolino, inviata dal maggiore dei giornalist­i sportivi in modo che anche Feltri potesse «toccare il fondo …».

Nell’irriverent­e ci sono pagine drammatich­e come l’incontro in carcere con l’editore Angelo Rizzoli, e si raccontano episodi esilaranti, come quello del cronista di «Bergamo Oggi» Piero Baracchett­i, che, richiesto di fare un pezzo per la prima pagina sullo scoop del giorno, la risoluzion­e del giallo sulla scomparsa di tre donne per mano di un impiegato di banca, si presentò dal giovane direttore con quindici righe striminzit­e. Feltri accartocci­ò quel foglio e vergò quindici cartelle.

Si è detto che la fortuna di Feltri direttore sia stata quella di aver drogato i giornali, con titoli a effetto e al limite della correttezz­a (alcuni memorabili come quello su De Mita: «Chiude la bicamerale, rimane l’attico»). In realtà la sua prima qualità è stata di essere un grande cronista, capace di capire e scrivere le notizie. E sgobbare dalla mattina alla sera.

Quando scoppia il caso Tortora, è il solo a spulciare le carte istruttori­e E scopre una falla nelle accuse

Un posto d’onore nel pantheon di Feltri spetta a Prezzolini, grande del Novecento, a lungo incompreso

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Volti
Due dei nomi noti incontrati da Feltri nei suoi anni da cronista: Giuseppe Prezzolini (Perugia, 1882 – Lugano, 1982) e, a destra, Enzo Tortora (Genova, 1928 – Milano, 1988: foto Ansa). Nel 1983, quando Tortora fu arrestato, Feltri fu tra i primi a disso-ciarsi dal coro delle accuse
Volti Due dei nomi noti incontrati da Feltri nei suoi anni da cronista: Giuseppe Prezzolini (Perugia, 1882 – Lugano, 1982) e, a destra, Enzo Tortora (Genova, 1928 – Milano, 1988: foto Ansa). Nel 1983, quando Tortora fu arrestato, Feltri fu tra i primi a disso-ciarsi dal coro delle accuse

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy