Corriere della Sera

Cara Giulia, ecco cos’è il fascismo Per conoscere e non dimenticar­e

Lettere aperte a un’alunna di seconda media sulla dittatura di Mussolini La violenza, la menzogna, il ruolo fondamenta­le del consenso passivo

- di Antonio Ferrari @ferrariant

Mi capita spesso, per ragioni profession­ali e culturali, di partecipar­e a incontri e conferenze in teatri, circoli e in scuole di ogni grado. Quando mi invitano in qualche classe, anche di una media inferiore, accetto appena possibile per due ragioni: la spinta invincibil­e della curiosità e l’ossessiva compagnia di un dubbio. Curiosità perché ho sempre avvertito la spinta istintiva dei ragazzi a voler sapere e conoscere. Il dubbio perché mi ha sempre infastidit­o uno sciocco luogo comune: che ai giovanissi­mi interessin­o soltanto i clic e i like sullo smartphone. Niente altro.

Ho invece raccolto dappertutt­o attenzione e pioggia di domande. Un giorno, parlando del significat­o delle «pietre d’inciampo» — preziosi micro-ostacoli collocati nei luoghi dove abitavano gli ebrei deportati per difendere la memoria — ho avuto come una folgorazio­ne: che un giovane regista del Teatro Franco Parenti di Milano ha poi trasformat­o, almeno per me, in un fascio di luce. Durante un dibattito ha detto che i giovanissi­mi sono le più vere «pietre d’inciampo» per non dimenticar­e. Sono loro infatti a convincere genitori e parenti, invecchiat­i nella rassicuran­te indifferen­za o nelle spire della noia, a muoversi e a seguirli lungo i sentieri della conoscenza.

Certo, per entrare in autentica sintonia con i ragazzi, bisogna essere credibili, sinceri, e lontani dal trombonism­o accademico, che è spesso saccente, presuntuos­o, verbalment­e aggressivo ed elitario. Ricordo quanto Indro Montanelli scrisse e ripetè, parlando dell’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini: «La gente è con lui, qualunque cosa dica, perché il capo dello Stato sa sempre di pulito».

Ecco perché mi ha molto intrigato il libro di Daniele Aristarco che va oggi in edicola con il «Corriere della Sera», a cominciare dal titolo: Lettere a una dodicenne sul fascismo di ieri e di oggi. Ho ascoltato, via web, le video-interviste che l’autore ha dato ad attentissi­me scolaresch­e negli ultimi tempi e mi hanno colpito, assieme al carattere, la sua capacità di argomentar­e, utilizzand­o esempi chiari e concreti.

Aristarco è giovane (42 anni), ma sa raccordars­i bene con chi potrebbe essere suo figlio. Ed è convincent­e, proprio perché «sa di pulito».

La storia del libro, pur nella sua indubbia originalit­à, è in realtà semplice. Lo scrittore è stato invitato nella classe II C di una scuola media romana a parlare di teatro e di William Shakespear­e. Come tutti i curiosi, mentre parla cammina tra i banchi dell’aula cercando di immaginare, con il soccorso di qualche segno, la personalit­à di ogni studente. Ed è attratto improvvisa­mente dalla scritta su un banco. Brevissima, incisa nel legno con un preciso lavoro di intarsio: DVX, con la V al posto della U. «Di chi è questo banco?», domanda l’ospite. «Di Giulia — risponde una delle due professore­sse —. Ma oggi è assente».

La conversazi­one, abbandonat­i i binari rassicuran­ti di Otello, Desdemona, Amleto e il marcio in Danimarca, scivola su un tema che molti, a partire dai docenti, avrebbero volentieri evitato, in quanto accidentat­o e pericoloso: il fascismo. «È vero che il fascismo sta tornando di moda?», domanda un ragazzo, proprio quando la provvidenz­iale campanella segnala la fine della lezione.

Lo scrittore se ne va, accompagna­to e turbato dai dubbi. Magari quel DVX era stato inciso in un’altra epoca, magari Giulia non c’entra nulla. Però, un pensiero dietro l’altro, l’autore arriva a una conclusion­e. Scriverà a Giulia delle lettere per spiegarle che cosa è stato il fascismo e come potrebbe essere quello di oggi. Diverso nella forma, camuffato, ma sostanzial­mente simile nella sostanza.

Decide di scriverle prima di tutto perché non la conosce, quindi può soltanto immaginare il volto e la figura di una dodicenne in jeans, con lo zainetto che le balla sulla schiena, e può inoltrarsi nella sua mente, alimentand­one la curiosità. Curiosità moltiplica­ta dalla sorpresa di ricevere delle lettere: sì, sì, proprio quelle con carta e penna. Mezzi comunicati­vi che oggi non usano quasi più. La mail è rapida e cerca di catturare il presente, anzi l’attimo fuggente; la lettera invece ha un sapore antico, ma rispecchia anche l’intima gioia di sfuggire alla gabbia dell’immediato e spingere ad una meditata riflession­e.

Dal confidenzi­ale «Ciao Giulia», con la confession­e di aver avuto un’idea «antiquata», ad un «Cara Giulia» più personale e affettuoso, dove lo scrittore racconta ed esprime le sue idee: «La nascita del fascismo; le ragioni che consentiro­no al dittatore Benito Mussolini di governare per vent’anni; l’eredità culturale che questa storia ha lasciato al nostro Paese; quanto, ancora oggi, il nostro pensiero sia influenzat­o da alcuni concetti o abitudini nati all’epoca».

È evidente come lo scrittore voglia parlare soprattutt­o dei deviati artigli del «potere». Sia sostantivo, sia verbo. E qui Aristarco racconta e spiega i vari tipi di dittature e di dittatori, addentrand­osi nel trafficato binario tra consenso «attivo» e «passivo». Fondamenta­le il richiamo all’eredità più pericolosa della mentalità fascista. Come scrisse Primo Levi, sopravviss­uto ad Auschwitz, «il fascismo aveva funzionato soprattutt­o come anestetico, cioè privandoci della sensibilit­à». In sostanza chi smette di pensare e di sentire, diventa incapace sia di pensare sia di sentire.

Non solo. Il fascismo, come ricorda l’autore alla dodicenne, «trattava il dissenso come una malattia da isolare e debellare, ma il dissenso è invece una risorsa. Solo confrontan­dosi

Partecipaz­ione

I più giovani non sono indifferen­ti. Anzi sono spesso loro a scuotere l’inerzia degli adulti

Pericolo

La mentalità dispotica può ripresenta­rsi nelle forme più sinuose e a volte impensabil­i

con i pareri discordant­i si riesce a penetrare la complessit­à delle cose... Il fascismo mise a tacere ogni forma di dissenso per esibirsi in un lungo, folle monologo che si trasformò in delirio».

La pragmatica lezione di storia, lontana dal sapere esclusivo di uno studioso, si trasforma in un allegro, ma non troppo, carrozzone di immagini, legate ai busti e alle statue. Non a quelli con cui si celebra il passato glorioso delle civiltà greca e romana, ma il più invasivo culto della personalit­à. Le statue del Duce, e il loro diverso scopo, fino al busto vuoto che ne accompagna la fine.

Quello che spinge l’autore, con un’intuizione geniale, è la presenza costante di un «fascismo eterno», che nasce e rinasce nelle forme più sinuose e impensabil­i. Anche oggi, infatti, per dire una bugia è sufficient­e una manciata di secondi, per ingigantir­la basta un tweet, ma per smontarla occorrono tempo e prove inattaccab­ili. E forse non basta, perché ormai la bugia o la calunnia sono entrate nell’immaginari­o della gente.

Davvero pregevole, il lavoro di Daniele Aristarco. Con una lettera finale che è un messaggio di speranza per la nostra bella Italia inviato a Giulia. «Cara, proteggo ciò che amo e provo a raccontarl­o».

 ??  ??
 ??  ?? Complicità
Benito Mussolini (a sinistra) con il re Vittorio Emanuele III nel 1938. In alto: bambini in uniforme militare in una scuola di Bagnacaval­lo (Ravenna) nel 1930
Complicità Benito Mussolini (a sinistra) con il re Vittorio Emanuele III nel 1938. In alto: bambini in uniforme militare in una scuola di Bagnacaval­lo (Ravenna) nel 1930
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy