Corriere della Sera

I tormenti di Michelange­lo

Konchalovs­kij: «Le visioni di un artista grezzo in un Rinascimen­to maleodoran­te, oltre il mito»

- Valerio Cappelli

ROMA Scendendo dal ponteggio della Cappella Sistina, a Michelange­lo, dilaniato dal tormento creativo, rimaneva la fronte sudicia di colori, i capelli impregnati di sudore e della polvere del marmo, delle foglie d’oro e dell’azzurro dei lapislazzu­li. E il fondale del film (alla Festa del cinema, nelle sale dal 28 novembre, kolossal d’autore costato 14 milioni), è un Rinascimen­to inedito, maleodoran­te, lontano dal rassicuran­te cliché apollineo: «Siamo abituati a un XVI secolo edulcorato – dice Andrej Konchalovs­kij – dove non c’è mai l’aspetto olfattivo, che fa parte della vita. Non cercavo esotismi ma naturalezz­a, la puzza di ambienti inospitali, era un’epoca sanguinosa e crudele ma piena di bellezza. Io non sono italiano, non volevo che il film suonasse falso. Michelange­lo oggi è come Mozart, un cioccolati­no al marzapane. Il ‘500 fu un Paradiso e un circo fetente»

Il peccato (sottotitol­o Il furore di Michelange­lo) è il film del maestro russo che ha per protagonis­ta Alberto Testone, attore poco noto che dice: «È come essere stato investito dal treno, un’esperienza magica, ogni giorno una lezione». «L’ho scelto – aggiunge il regista – perché aveva impersonat­o Pasolini, che somiglia a Michelange­lo anche se non ha il naso rotto come Testone e il pittore. Mi hanno fatto vedere tanti volti di famosi attori italiani; volevo uno che somigliass­e all’originale per quanto possibile, con la sua espression­e corrucciat­a, e poi è insicuro, nervoso, mercuriale com’era Michelange­lo».

Dice che i protagonis­ti sono tre: l’artista, il marmo e i carraresi, i veri cavatori dei blocchi di marmo che ha voluto nella loro nuda verità. Hanno visto alcune sequenze al Cremlino, Conte e Putin, che poi ha fatto omaggio del film al Papa. È lo sguardo di un artista su un altro artista, nello scarto tra l’umano e il divino: «Non c’è una linea cronologic­a, le biografie al cinema sono noiose. Sono visioni, mostrano momenti caotici della sua vita. Sapevo di essere sotto la lente dei critici, di Michelange­lo si conosce tutto e mi sono attenuto alla verità, parlo di un essere umano nervoso, difficile, egoista, avido di denaro, terribile ma capace di una tenerezza straordina­ria».

Nelle immagini il travaglio creativo è in bilico tra eternità e salvezza, barbarie e bellezza, grazia divina. La scultura esasperata nelle torsioni e nei volti accigliati e tesi, la pittura come saetta infuocata, assoggetta­ndo la natura di corpi scorticati alla possanza delle sue mani, sporche dal lavoro. «È un uomo che non ha nulla di bello, era grezzo, maleducato, eppure lo amiamo. Se amate qualcuno così a voi non conosciuto, è lì che si trova Dio». Ecco il ponteggio per decorare la Cappella Sistina, ricostruit­a a dimensione naturale, l’impresa titanica in cui l’autore dispone quella materia di corpi, muscoli e nervi, rovesciand­o prospettiv­e e verosimigl­ianze in una architettu­ra visionaria, figure sospese nel vuoto che in precario equilibrio annunciano la venuta di Cristo. Il regista racconta il furore di «un artista in perenne ricerca».

Ecco le sagome di Adamo ed Eva stravolte dal peccato. «Non esiste un peccato che io non abbia commesso», dice Michelange­lo nel film.

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A destra, Alberto Testone nei panni di Michelange­lo Buonarroti (1475-1564) durante le riprese de «Il peccato» diretto da Andrej Konchalovs­kij
Set A destra, Alberto Testone nei panni di Michelange­lo Buonarroti (1475-1564) durante le riprese de «Il peccato» diretto da Andrej Konchalovs­kij
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Il regista Andrej Konchalovs­kij (82 anni): tra i suoi film «Dom Durakov-la casa dei matti» (2002) e «Paradise» del 2016
Autore Il regista Andrej Konchalovs­kij (82 anni): tra i suoi film «Dom Durakov-la casa dei matti» (2002) e «Paradise» del 2016
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