Corriere della Sera

L’ombra lunga dei leader sui candidati presidenti

Tesei e Bianconi hanno giocato la partita con eleganza, ma il palco è sempre stato nazionale

- di Fabrizio Roncone

Donatella Tesei e Vincenzo Bianconi, la corsa faticosa dei due candidati.

Bella scena di folla. Ma nessuna atmosfera da campagna elettorale che si chiude.

Su corso Vannucci, tra gli stand di Eurochocol­ate, solo gente che compra cioccolata, mangia cioccolata, poi torna indietro e compra altra cioccolata.

La tensione è tutta a Roma, tra Palazzo Chigi e Montecitor­io: del resto, qui in Umbria, i veri eventi, le piazze piene (abbastanza piene), le transenne e le dirette tivù, tutto c’è stato solo quando sono arrivati i grandi capi del centrodest­ra e dello schieramen­to gialloross­o.

Così è stato inevitabil­e: i due candidati, Donatella Tesei e Vincenzo Bianconi, sotto e sopra i palchi, sono rimasti sempre un passo indietro. Sempre con una foto in meno. Con un titolo di giornale in meno.

Partita mediaticam­ente sfumata: ma giocata con determinaz­ione ed eleganza (in effetti, ci sarebbe pure questa strepitosa novità di una certa eleganza ritrovata, sia pure con stampo umbro, all’interno di una contesa politica). Restano identikit precisi. Lei: 61 anni, sposata, due figli, avvocata, senatrice leghista con uno stile da Forza Italia dei tempi andati, tailleur impeccabil­i e massicce dosi di empatia, compresa una non scontata cortesia nei confronti di chi le chiedeva notizie del buco lasciato dentro i bilanci di Montefalco, il Comune di cui è stata sindaco.

Lui: quarantase­ttenne proprietar­io di hotel per tradizione familiare, scelto nella cosiddetta società civile, e molto civile anche nel rispondere a chi gli ha continuame­nte ricordato di essere la quarta, o quinta scelta del suo schieramen­to; persino l’altro giorno, a Narni, nell’ormai celebre istantanea — con Zingaretti, Conte, Di Maio e Speranza, finalmente insieme — indossa uno dei suoi gilet di lana rasata ormai entrati nella piccola leggenda di questa tornata elettorale (sembra ne abbia tre blu e tre grigi, e li alterni in coordinato con le sneaker).

Lei, da subito, capisce: per i comizi, c’è Matteo Salvini. In persona. Che piomba ai primi di settembre. Con un’idea precisa in testa: dopo le tribolazio­ni di un’estate indimentic­abile, le elezioni regionali in Umbria sono l’occasione giusta per ripartire.

E parte come sa fare benissimo: pianerotto­lo per pianerotto­lo.

A Foligno arriva indossando una felpa verde con la scritta «Bastardo» (è la felpa della squadra di calcetto dell’omonima frazione di Giano); a Orvieto si presenta con l’occhio sinistro semichiuso per un orzaiolo; a Trevi posa abbracciat­o a un ulivo; promette, in caso di vittoria, di trasferirs­i a vivere in Umbria.

La sua candidata viaggia, per settimane, in scia. E due giovedì fa se lo vede comparire qui a Perugia in compagnia degli altri leader: il Capitano, il Cavaliere e Giorgia Meloni, tutti sorrisi e promesse, e lei, la Tesei, in mezzo (anche se, nella prima batteria di foto, la tengono un po’ distante).

Vincenzo Bianconi, all’inizio, può invece contare sull’aiuto strategico di un altro umbro, Walter Verini, il commissari­o che il Partito democratic­o ha spedito qui a metà dello scorso mese di aprile, subito dopo l’esplosione dello scandalo Sanitopoli. Bianconi racconta che la nonna gli regalò la prima giacca da cameriere a 8 anni: la fatica, lascia intendere, non lo spaventa.

A fine settembre, numerosi osservator­i politici cominciano a considerar­e l’umbria fondamenta­le com’è l’ohio per le presidenzi­ali americane: da questa tornata elettorale si intuirà, dicono, che genere di futuro può avere il laboratori­o governativ­o gialloross­o. La presenza sul territorio, paese dopo paese, di Nicola Zingaretti, conferma la sensazione: il segretario del Pd entra nei bar, stringe mani, percorre i vicoli delle frazioni più remote. Bianconi resta però colpito da Luigi Di Maio: anch’egli viene a metterci — come si dice — la faccia; ma sempre, appena può, ripete che questo voto «non è, e non può diventare, un test di valore nazionale».

Poi Di Maio va a piantare un ulivo ad Assisi. Poco dopo, dai frati francescan­i va pure Giuseppe Conte, spiegando che lui, tra l’altro, nei conventi è di casa, avendo uno zio che è frate cappuccino. Bianconi, praticamen­te in ogni comizio, ripete: «Pace, cura degli altri e del creato, accoglienz­a, fraternità, solidariet­à: noi umbri conosciamo la strada che ci ha indicato San Francesco». E, davvero con calma francescan­a, replica a chi, tra i suoi avversari, prova ad azzopparlo con una storia un po’ stiracchia­ta di rimborsi nel postterrem­oto.

È andata così.

Certo qualche retroscena può essere sfuggito, qualche dettaglio, come spesso accade in politica, emergerà a votazioni concluse.

Però il succo resta questo. Solo un’ultima notizia: Donatella Tesei e Vincenzo Bianconi, poche ore fa, si sono spediti un reciproco incoraggia­mento. Appunto, si diceva: piuttosto eleganti, piuttosto inconsueti.

Campagna elettorale Sotto e sopra i palchi, sempre con una foto in meno o con un titolo di giornale in meno

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