Corriere della Sera

DRESS CODE E FERITE CHE LA LEGGE NON VEDE

- di Aldo Grasso

Il gip di Milano Guido Salvini ha archiviato l’indagine sull’ex consiglier­e di Stato Francesco Bellomo, accusato di violenza privata e stalking ai danni di 4 ex studentess­e della sede milanese di «Diritto e scienza», una scuola di formazione per la preparazio­ne al concorso in magistratu­ra con sedi a Roma, Milano e Bari. Secondo Salvini quella di Bellomo è una condotta non conforme a un normale rapporto di collaboraz­ione accademica, ma non è né molestia

Molestie Il caso Bellomo, dalle accuse di molestie ai primi dubbi

né minaccia. Ricordate? A luglio Bellomo era finito agli arresti domiciliar­i nella sua casa di Bari per maltrattam­enti, estorsione: si parlava di un «contratto di schiavitù» che prevedeva alle sue borsiste diversi vincoli, tipo l’obbligo di un dress code (tacco 12 e gonna corta), telefonate seriali, la cancellazi­one di foto e amicizie da Facebook o permessi per uscire la sera. Bellomo rimane indagato a Bari e vedremo come andrà a finire: anche la legge ha un suo dress code.

Né molestia né minaccia, resta però una ferita morale di non poco conto. Ci sarà sempre qualche collega che alle magistrate divenute tali dopo i «consigli» vestimenta­ri di Bellomo non risparmier­à insinuazio­ni, ammiccamen­ti, pettegolez­zi.

Come se non bastassero già le correnti del Consiglio Superiore della Magistratu­ra, a quando una giustizia secondo scienza, coscienza e avvenenza?

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