L’asticella delle Europee (Nonostante la scissione)
● Nicola Zingaretti
Un successo del centrosinistra sarebbe la prima, clamorosa, vittoria del Partito democratico da quando Nicola Zingaretti ne è il segretario. Una vittoria che varrebbe doppio soprattutto per le condizioni di partenza, considerando i fatti che hanno portato alle dimissioni anticipate di Catiuscia Marini. Da quando è leader del Pd, il governatore del Lazio ha inanellato una serie di risultati che quasi sempre gli hanno permesso di rivendicare uno scarto percentuale sempre maggiore, anche se quasi mai in termini assoluti. E questo è stato, finora, il suo fieno in cascina. In caso di sconfitta, attenzione al 24% ottenuto dal Pd in Umbria in occasione delle Europee, andate in scena subito dopo la sanitopoli che ha travolto la giunta di centrosinistra. Attestarsi su quella cifra, soprattutto dopo la scissione dei renziani, potrebbe essere una specie di pannicello caldo per tamponare le ferite dell’ennesima regione concessa alla destra. Impossibile trincerarsi dietro il «non è un voto nazionale», da sempre il grande classico di chi perde un’elezione locale. Una sconfitta alle urne umbre obbligherebbe Zingaretti a spogliarsi dei panni del più «responsabile» tra i leader della maggioranza, dalle vesti del pompiere che spegne ogni volta gli incendi appiccati altrove, soprattutto sulla legge di Bilancio. L’effetto collaterale meno indagato di questa tornata elettorale è proprio questo. E riguarda proprio il leader pd.