Carminati, stop al carcere duro Il difensore: «Atto dovuto»
Dopo tredici mesi è stato revocato il regime del 41 bis a Massimo Carminati. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha firmato il decreto dopo aver letto il parere favorevole della Dda di Roma e della Direzione antimafia e antiterrorismo. La decisione è una conseguenza della sentenza della Cassazione che, lo scorso martedì, ha escluso la sussistenza dell’associazione di stampo mafioso tra i reati contestabili agli imputati del Mondo di mezzo. «È un provvedimento che non mi stupisce, è un atto dovuto», dice il suo difensore, l’avvocato Cesare Placanica. Secondo cui l’ex Nar, detenuto a Sassari, ora potrebbe essere trasferito in un altro carcere. Carminati era sottoposto al regime del carcere duro dal 25 settembre 2018. La misura era scattata perché pochi giorni prima la Corte d’appello lo aveva condannato a 14 anni e sei mesi (anche) per associazione a delinquere di stampo mafioso. Non è la prima volta che l’ex Nar lascia il 41 bis. Cinque anni fa, poco dopo l’arresto, era stato sottoposto al carcere duro. Ma all’indomani del 24 luglio 2017, quando il tribunale lo aveva condannato a vent’anni senza contestargli l’associazione di stampo mafioso, l’allora guardasigilli Andrea Orlando aveva firmato la revoca. Spiega l’avvocato Giosuè Naso, il precedente legale dell’ex Nar: «Carminati è stato sempre un detenuto modello e il carcere duro non era legato alla sua pericolosità o a informative della polizia giudiziaria». Adesso ad attendere la riforma della misura cautelare è l’altro imputato eccellente del processo, Salvatore Buzzi, che non si trova in regime di 41 bis e spera di uscire presto dal carcere. Il suo difensore, l’avvocato Alessandro Diddi, la prossima settimana presenterà l’istanza di scarcerazione alla Corte d’appello, divenuta competente a decidere sulla sorte processuale degli imputati dopo l’annullamento con rinvio per il solo ricalcolo della pena disposto dagli ermellini.