Gallotta e gli anni in California: «Ero nel primo nodo della Rete»
«Almanacco alimentare»: ogni giorno ha la sua ricetta
L ogin, accesso, oggi è un termine quasi vintage dell’informatica. Ricorda il Commodore 64, per chi sa cos’è. Ma cinquant’anni fa esatti, il 29 ottobre del ‘69, segnò l’inizio di una rivoluzione che ha poi cambiato le vite di tutti noi: fu il primo comando trasmesso tra due computer della rete Arpanet, la madre di Internet, tra l’università Ucla e Menlo Park, nella Silicon Valley. Di fatto doveva essere la prima parola della Rete, il primo vagito di Internet, anche se un crash — il primo di una lunga serie — fece passare solo LO.
«Quello di Ucla era il primo nodo della Rete» ricorda Pierluigi Fiorani Gallotta, un «quasi testimone» di quella stagione che oggi ci appare epica. «In realtà la mia esperienza alla Ucla nel gruppo di Leonard Kleinrock come research assistant, affiancato per due anni al Charlie Kline del “LO”, iniziò soltanto nel 1973, quattro anni dopo».
Gallotta, seppur non dai primi albori, ha dunque partecipato allo sviluppo della Rete lavorando nel suo epicentro. «Quando arrivai il bambino era nato da poco e la rete non aveva ancora più di 20 nodi. Naturalmente quello di Ucla era il contributo fondamentale che Kleinrock aveva dato teorizzando e realizzando la rete a pacchetto, l’attuale Tcp/ip, struttura portante di tutta l’internet attuale. La rete era proprio ai primi passi, spesso zoppicante, e venendo io da anni di calcoli su schede perforate ricordo ancora la commozione all’invio della mia prima email da un terminale a “tubo catodico” Crt».
Era il 1973, stiamo dunque parlando di una delle prime email mai inviate, quando un account era un privilegio per pochi ricercatori in pochissime Università. «Arrivai lì in quegli anni grazie a un professore del Politecnico di Milano, dove mi ero laureato, e trovai un ambiente del tutto diverso da quello accademico italiano: lo stesso Kleinrock, con cui superai un esame, era una persona molto alla mano».
Gallotta ricorda che Gerald Popek, in particolare, lavorava sulla sicurezza delle reti, scrivendo dei testi di crittografia. Anche questo un primato. Il progetto Arpanet ha alimentato la convinzione che Internet
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fosse nato in ambienti militari. «Era finanziato dal Darpa e dunque dalla Difesa Usa, ma per quanto ho potuto vedere io dall’interno — testimonia Gallotta — era un esperimento puramente accademico: si trattava di mettere in connessione le Università».
In effetti il padre spirituale dela Rete era stato J.C.R. Licklider che già nel ‘61, tre anni prima di essere nominato alla guida di Arpa, scrisse un articolo che ancora oggi appare visionario e in cui si parlava
Foto ricordo
Il team di Ucla che lavorava allo sviluppo della rete tra computer in una fotografia del 1975 scattata dall’italiano Pierluigi Fiorani Gallotta. In piedi, secondo da sinistra, Leonard Kleinrock; seduto sul divano, al centro, Charlie Kline. Sono rispettivamente il docente e lo studente che si scambiarono il primo messaggio da computer a computer, tra l’università di Ucla e Menlo Park il 29 ottobre del 1969 del progetto della biblioteca del futuro senza libri («Le pagine stampate come strumento per la preservazione della conoscenza nel lungo periodo verranno superate»). Peraltro la Difesa Usa si sfilò da Arpanet qualche tempo dopo lasciando spazio al progetto commerciale (il dominio .com, introdotto nel 1985, non sta per communication, come in molti pensano, ma per commercial).
Curioso comunque che nel ‘73 nessuno parlasse del crash: «Non ricordo che se ne sia mai discusso» racconta oggi Gallotta. «Dopo due anni di studio, lavoro e vita entusiasmante a Ucla, dato il mio piccolo contributo alla rete concluso con un master in Computer Science quando da noi non era stato ancora inventato il corso di laurea in Informatica, la mia storia è proseguita in Italia nelle R&D dell’allora grande Olivetti e poi dell’italtel/siemens» conclude il ricercatore.
Quei due anni ci permettono di dire oggi che anche nello sviluppo dela Rete c’è stato un piccolo contributo italiano. Ps. Gallotta è nato a Milano nel ‘47. Un candidato per l’ambrogino d’oro?
● Pierluigi Fiorani Gallotta (foto) dal 1973 al 1975 ha collaborato, come «research assistant» della Ucla, con Leonard Kleinrock e Charlie Kline
● Dopo aver concluso il master in Computer Science è tornato in Italia a occuparsi di Ricerca e sviluppo nella Olivetti e poi all’italtel/ Siemens
Oggi, spezzatino con rape bianche, finocchi, mele e pere. Domani? Tomini con cicoria, miele e pinoli. Ricette diverse, semplici e veloci. Una per ogni giorno dell’anno, sempre accompagnate da una valutazione nutrizionale. Le racchiude un libro che in appena un mese è arrivato in testa alle classifiche di vendita nelle librerie e sul portale di e-commerce Amazon. È la nuova edizione dell’almanacco alimentare — edito da Cairo —, un calendarioricettario nato per aiutare i lettori a non porsi mai più l’assillante domanda: «Cosa mangio stasera?». E venire incontro a coloro che hanno poco tempo per fare spesa e cucinare, ma non vogliono affidarsi al cibo surgelato. All’interno 366 preparazioni (di cui tante adatte a chi è vegetariano) per altrettanti giorni dell’anno, perché il 2020 è bisestile: ricette dal costo ragionevole, rispettose delle stagioni e delle tradizioni mediterranee, per nutrirsi in maniera bilanciata. A idearlo sono stati tre autori con competenze diverse tra loro. Marco Consentino è esperto di comunicazione istituzionale e scrive di costume e comportamento, Alessandra Gigli è attrice del Piccolo Teatro e al tempo stesso cuoca, mentre Luca Piretta è medico gastroenterologo e docente universitario. Insieme hanno realizzato un libro facile e immediato, in cui le ricette — fotografate da Domenico Dodaro —, descritte passo passo, raramente superano i cinquanta minuti dall’inizio della preparazione all’arrivo in tavola. Si va dalle classiche polpette di tonno con i piselli, ricche di proteine e per questo perfette per anziani e sportivi, fino a piatti creativi e nutrienti come il salmone affumicato farcito di zucchine in salsa di yogurt. L’almanacco alimentare però non è solo un ricettario, ma anche una sorta di manuale di istruzioni per orientarsi in cucina, pieno di trucchi e regole basilari spesso ignorate: come il fatto che la verdura lavata non andrebbe mai riposta in frigo, o marcirà velocemente. Oppure il segreto per far mantenere a lungo gli spicchi d’aglio non sbucciati: conservarli in un barattolo di terracotta (o alluminio) con coperchio.