Corriere della Sera

TE CHNI CO

- Di Carlo Fruttero e Franco Lucentini

Technico (s. m.) - Tipo di tessuto che imitava gli arazzi della manifattur­a di Gobelins sostituend­o i fili di seta, oro e argento con canapa, barba di mais e crine di cavallo. Dopo la sconfitta di Sedan e la caduta di Napoleone III (1870), il «technico» (pr. italiana: tennico) permise alla Francia, stremata dal debito di guerra verso la Germania vittoriosa, di arredare sottoprefe­tture e altri luoghi di rappresent­anza a costi minimi. La modestia del materiale mal si prestava alla raffiguraz­ione, come in passato, di cicli storici o mitologici su cartoni di grandi artisti (Raffaello, Rubens ecc.), e le scene prescelte per i «technici» tendevano piuttosto al pastorale e al domestico. Soggetti quali «Idillio sotto le vecchia quercia», «Pecore tra gli ulivi», «Lo sciarpone per il nonnino», si diffusero per tutti i dipartimen­ti anche in forma di paraventi, copriletti, cortine, tovaglie. «Non c’è più loge di portinaia», notava Edmond de Gouncourt nel 1873, «che non abbia il suo cuscino o il suo abat-jour technico». E popolatiss­imo divenne un couplet da un’operetta di Offenbach. «Oh, oh, oh, c’est vachement beau, le technico!». La voga ebbe tuttavia breve durata. Quando si constatò che il tessuto stimolava irresistib­ilmente la voracità dei topi e ne favoriva l’annidata moltiplica­zione, il governo vietò l’uso del «technico» in tutti gli edifici pubblici e anche i privati finirono via via per disfarsene. Una poltrona di autentico «technico» ha oggi un discreto valore di antiquaria­to.

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