Corriere della Sera

Elena, la fotografa dei fulmini «Negli Usa inseguirei i tornado»

La più votata al premio dei meteorolog­i inglesi. «Lavoro a chilometro 0, così curo i miei gatti»

- Di Riccardo Bruno

Prima Elena Salvai, 47 anni, di Carrara, mostra lo scatto premiato, realizzato a Riomaggior­e lo scorso aprile «È uno scatto che stavo cercando, ma ammetto di avere avuto fortuna. E ho preso anche qualche rischio, il fulmine è caduto davvero vicino». Elena Salvai, 47 anni, è la fotografa che ha fermato l’attimo perfetto: la saetta che perfora l’oscurità, il mare in tempesta, il paesino che luccica come un presepe. «Era lo scorso aprile, saranno state le dieci di sera, ero sulla collina sopra Riomaggior­e, nelle Cinque Terre. Vedevo i lampi che si avvicinava­no, iniziava a piovere. Mi sono detta: proviamoci. È andata bene».

Più che bene. L’immagine è stata la più votata dal pubblico al Weather Photograph­er of the Year 2019, il prestigios­o concorso promosso dalla britannica Royal meteorolog­ical society: la preferita tra quasi seimila scatti di 2.500 fotografi che ambivano al riconoscim­ento. «È stata una bella soddisfazi­one. Avevo già messo la foto sui social, mi sono accorta che aveva un enorme successo. Ha fatto il giro del mondo, l’ho trovata pubblicata anche sui giornali australian­i e negli Stati Uniti. Ho ricevuto tanti apprezzame­nti, ma qualcuno ha malignato che era talmente perfetta che doveva essere falsa. Per fortuna molti meteorolog­i hanno spiegato che era vera, e finalmente questo premio spazza via ogni dubbio».

Soltanto l’anno scorso Elena ha capito che questo poteva diventare il suo mestiere. «La prima macchina fotografic­a seria l’ho acquistata cinque anni fa. Prima ne sapevo davvero poco, ma mi sono subito appassiona­ta. Mi sono documentat­a, ho studiato, ho analizzato le foto dei grandi fotografi. E adesso qualcosa di carino la faccio anch’io».

Ama ritrarre soprattutt­o paesaggi, ed è particolar­mente attratta dai fenomeni atmosferic­i. «Ho anche ripreso una piccola tromba d’aria nel mare della Versilia. Mi piacciono moltissimo le nuvole, le montagne e i cieli stellati. Tutto ciò che è espression­e della natura. Negli Stati Uniti ci sono i cacciatori di tornado, ecco, se fossi lì, io sarei una di loro».

Finora però non si è allontanat­a troppo dalla sua Carrara, dove è nata e ha lo studio. «È un sacrificio che faccio per amore, ho sei gatti e non posso lasciarli da soli. Ma anche qui attorno ci sono dei posti meraviglio­si: la Versilia o le Alpi Apuane che sono le nostre Dolomiti, ma anche Portovener­e e le Cinque Terre. Non vado in giro per il mondo, mi definisco una fotografa a chilometro zero».

Laurea in Lingue e Letteratur­e straniere, ha impiegato un po’ di tempo per capire qual era la sua strada. «Ma adesso mi diverto, mi sono tuffata in questa nuova avventura con passione. Amo il trekking e con la scusa della fotografia ho lo stimolo a scoprire posti nuovi. Anche se diventa sempre più difficile, si trovano ancora posti straordina­ri e poco turistici».

Con la fotografia sta iniziando poco a poco a ingranare. «Finalmente arriva qualche soldino». Solo con i paesaggi però non si campa a lungo, così per sbarcare il lunario come tanti suoi colleghi è costretta a diversific­are. «Mi chiamano per foto di matrimoni, lauree o compleanni. Oppure faccio ritratti alle amiche». Da quando il suo scatto del fulmine è diventato

«Avendo vissuto tutta la vita in simbiosi con mio fratello Carlo, non commento le dichiarazi­oni rilasciate da mia cognata Elisabetta Melidoni. Penso di avere scritto una meraviglio­sa storia d’amore dedicata a mio fratello Carlo. Ricevo ogni giorno decine di lettere e email di nostri amici e di lettori comuni che mi ringrazian­o per avere testimonia­to cosa significa avere amato profondame­nte». Così Enrico Vanzina sulle dichiarazi­oni di Elisabetta Melidoni, che al Corriere della Sera, a proposito del libro «Mio fratello Carlo», aveva parlato di «righe non veritiere». La vedova del regista scomparso l’8 luglio dello scorso anno aveva aggiunto che i due fratelli (nella foto, insieme) avevano tra loro soltanto rapporti profession­ali e non si frequentav­ano. così popolare gode di un’inaspettat­a notorietà. «Va molto meglio e ho capito che questo è il mio lavoro».

Per farlo bene ci vogliono sensibilit­à, tecnica ma anche pazienza. «Per realizzare una buona foto spesso devi attendere ore. Se il tempo non è bello, significa stare a lungo sotto la pioggia. A volte vado fuori nei fine settimana con il mio compagno, lui ha il compito di tenere l’ombrello. Mi dice che noi fotografi siamo tutti pazzi, ma in fondo si diverte anche lui».

Anche per ottenere l’immagine del temporale su Riomaggior­e si è resa necessaria una discreta attesa. E la procedura collaudata. «Sistemo la macchina sul treppiedi e inquadro il settore di cielo dove immagino ci siano più fulmini. Faccio lunghe esposizion­i, aziono l’otturatore con il telecomand­o e prima di chiudere l’obiettivo aspetto il lampo, o anche più di uno. In questo caso non solo era vicinissim­o ma anche perfettame­nte di lato, nel “terzo di sinistra”, come richiedono i manuali».

A questo punto il più era fatto. «Ho solo aggiunto il normale lavoro di post produzione: ho sistemato le luci del paesino, i contrasti, e nulla più». Incoraggia­ta dal successo e dal premio, si è rimessa in moto alla ricerca di nuovi fenomeni estremi. Sempre vicino a casa, per tornare in tempo dai suoi gatti. «Loro però non li fotografo mai, ci tengo alla privacy. Non è il mio genere e sono talmente belli che non potrei aggiungere altro».

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