Elena, la fotografa dei fulmini «Negli Usa inseguirei i tornado»
La più votata al premio dei meteorologi inglesi. «Lavoro a chilometro 0, così curo i miei gatti»
Prima Elena Salvai, 47 anni, di Carrara, mostra lo scatto premiato, realizzato a Riomaggiore lo scorso aprile «È uno scatto che stavo cercando, ma ammetto di avere avuto fortuna. E ho preso anche qualche rischio, il fulmine è caduto davvero vicino». Elena Salvai, 47 anni, è la fotografa che ha fermato l’attimo perfetto: la saetta che perfora l’oscurità, il mare in tempesta, il paesino che luccica come un presepe. «Era lo scorso aprile, saranno state le dieci di sera, ero sulla collina sopra Riomaggiore, nelle Cinque Terre. Vedevo i lampi che si avvicinavano, iniziava a piovere. Mi sono detta: proviamoci. È andata bene».
Più che bene. L’immagine è stata la più votata dal pubblico al Weather Photographer of the Year 2019, il prestigioso concorso promosso dalla britannica Royal meteorological society: la preferita tra quasi seimila scatti di 2.500 fotografi che ambivano al riconoscimento. «È stata una bella soddisfazione. Avevo già messo la foto sui social, mi sono accorta che aveva un enorme successo. Ha fatto il giro del mondo, l’ho trovata pubblicata anche sui giornali australiani e negli Stati Uniti. Ho ricevuto tanti apprezzamenti, ma qualcuno ha malignato che era talmente perfetta che doveva essere falsa. Per fortuna molti meteorologi hanno spiegato che era vera, e finalmente questo premio spazza via ogni dubbio».
Soltanto l’anno scorso Elena ha capito che questo poteva diventare il suo mestiere. «La prima macchina fotografica seria l’ho acquistata cinque anni fa. Prima ne sapevo davvero poco, ma mi sono subito appassionata. Mi sono documentata, ho studiato, ho analizzato le foto dei grandi fotografi. E adesso qualcosa di carino la faccio anch’io».
Ama ritrarre soprattutto paesaggi, ed è particolarmente attratta dai fenomeni atmosferici. «Ho anche ripreso una piccola tromba d’aria nel mare della Versilia. Mi piacciono moltissimo le nuvole, le montagne e i cieli stellati. Tutto ciò che è espressione della natura. Negli Stati Uniti ci sono i cacciatori di tornado, ecco, se fossi lì, io sarei una di loro».
Finora però non si è allontanata troppo dalla sua Carrara, dove è nata e ha lo studio. «È un sacrificio che faccio per amore, ho sei gatti e non posso lasciarli da soli. Ma anche qui attorno ci sono dei posti meravigliosi: la Versilia o le Alpi Apuane che sono le nostre Dolomiti, ma anche Portovenere e le Cinque Terre. Non vado in giro per il mondo, mi definisco una fotografa a chilometro zero».
Laurea in Lingue e Letterature straniere, ha impiegato un po’ di tempo per capire qual era la sua strada. «Ma adesso mi diverto, mi sono tuffata in questa nuova avventura con passione. Amo il trekking e con la scusa della fotografia ho lo stimolo a scoprire posti nuovi. Anche se diventa sempre più difficile, si trovano ancora posti straordinari e poco turistici».
Con la fotografia sta iniziando poco a poco a ingranare. «Finalmente arriva qualche soldino». Solo con i paesaggi però non si campa a lungo, così per sbarcare il lunario come tanti suoi colleghi è costretta a diversificare. «Mi chiamano per foto di matrimoni, lauree o compleanni. Oppure faccio ritratti alle amiche». Da quando il suo scatto del fulmine è diventato
«Avendo vissuto tutta la vita in simbiosi con mio fratello Carlo, non commento le dichiarazioni rilasciate da mia cognata Elisabetta Melidoni. Penso di avere scritto una meravigliosa storia d’amore dedicata a mio fratello Carlo. Ricevo ogni giorno decine di lettere e email di nostri amici e di lettori comuni che mi ringraziano per avere testimoniato cosa significa avere amato profondamente». Così Enrico Vanzina sulle dichiarazioni di Elisabetta Melidoni, che al Corriere della Sera, a proposito del libro «Mio fratello Carlo», aveva parlato di «righe non veritiere». La vedova del regista scomparso l’8 luglio dello scorso anno aveva aggiunto che i due fratelli (nella foto, insieme) avevano tra loro soltanto rapporti professionali e non si frequentavano. così popolare gode di un’inaspettata notorietà. «Va molto meglio e ho capito che questo è il mio lavoro».
Per farlo bene ci vogliono sensibilità, tecnica ma anche pazienza. «Per realizzare una buona foto spesso devi attendere ore. Se il tempo non è bello, significa stare a lungo sotto la pioggia. A volte vado fuori nei fine settimana con il mio compagno, lui ha il compito di tenere l’ombrello. Mi dice che noi fotografi siamo tutti pazzi, ma in fondo si diverte anche lui».
Anche per ottenere l’immagine del temporale su Riomaggiore si è resa necessaria una discreta attesa. E la procedura collaudata. «Sistemo la macchina sul treppiedi e inquadro il settore di cielo dove immagino ci siano più fulmini. Faccio lunghe esposizioni, aziono l’otturatore con il telecomando e prima di chiudere l’obiettivo aspetto il lampo, o anche più di uno. In questo caso non solo era vicinissimo ma anche perfettamente di lato, nel “terzo di sinistra”, come richiedono i manuali».
A questo punto il più era fatto. «Ho solo aggiunto il normale lavoro di post produzione: ho sistemato le luci del paesino, i contrasti, e nulla più». Incoraggiata dal successo e dal premio, si è rimessa in moto alla ricerca di nuovi fenomeni estremi. Sempre vicino a casa, per tornare in tempo dai suoi gatti. «Loro però non li fotografo mai, ci tengo alla privacy. Non è il mio genere e sono talmente belli che non potrei aggiungere altro».