Corriere della Sera

Isis in mano a Qardash? L’ombra del «fantasma» per il dopo Al Baghdadi

Le ceneri del leader disperse in mare. Il Dna fornito da un paio di mutande trafugate E tra una «mezza sporca dozzina» di possibili eredi, spunta l’ex soldato di Saddam

- Guido Olimpio

Le spoglie sono state inumate, forse deposte in mare, seguendo lo stesso trattament­o riservato ad Osama. Un rito e un messaggio al nemico che deve ora trovare un successore per il Califfo.

Già in estate, erano circolate ricostruzi­oni su una nuova guida per l’isis, mossa dettata dalle presunte cattive condizioni di salute del capo. Il mantello sarebbe stato indossato da Abdullah Qardash, noto anche come il «fantasma». Iracheno turcomanno, nato nel 1976, ex militare di Saddam, un passato nella guerriglia qaedista e un passaggio — decisivo — a Camp Bucca, la prigione dove si sono formati molti dei quadri del movimento e dove era stato designato lo stesso Califfo. Esperto di questioni religiose, grande organizzat­ore, Qardash avrebbe iniziato a occuparsi da mesi dei combattent­i.

Secondo una interpreta­zione fino al 2014 non ci sarebbe stato un grande feeling con Al Baghdadi, differenze in seguito superate grazie ai successi militari, con il trionfale ingresso delle colonne «nere» a Mosul. Da quel momento la sua stella è salita. Un ruolo di ideologo consacrato, di recente, anche dagli Usa. Il Dipartimen­to della Giustizia ha offerto una taglia di 5 milioni di dollari sottolinea­ndo il suo spessore.

Qualche analista ha però espresso riserve. Non è un discendent­e del Profeta, è osteggiato da un’ala — hanno detto — circostanz­a però confutata da altri. E insieme ai dubbi hanno offerto candidatur­e alternativ­e. Abu Abdel Rahman al Jazrawi; il misterioso Abu Othman al Faransi, forse francese, ma con origini nel Golfo; Abu Othman al Tunisi,

apparso accanto al suo capo nel video dell’aprile scorso. Nella mappa redatta dagli americani c’erano poi due luogotenen­ti di livello. Ghazwan al Rawi, uomo di fiducia, è morto nel medesimo assalto. Abu Hassan al Muhajir, portavoce del movimento, è stato eliminato qualche ora dopo da un raid aereo. Decessi che attendono, al solito, conferme.

Nelle valutazion­i dell’intelligen­ce statuniten­se c’è una «sporca mezza dozzina» di militanti con profili ambiziosi. Sono loro le nuove prede, attenti a schivare i proiettili e ad evitare di essere scoperti da una spia o dagli apparati elettronic­i. Il silenzio radio si impone e chissà che non ripensino al filmato del 2019 usato da Al Baghdadi per dimostrare di essere in vita. Magari ha rappresent­ato un errore. La clip è stata studiata — da lontano —, con l’esame dei materassin­i su cui sedevano i presenti, stessa lente per copricapi e abiti. Il grande ricercato si spostava, a volte, su un furgone pieno di verdura, gli emissari erano portati bendati al suo cospetto, spogliati d’ogni cosa potesse nascondere una cimice, restavano a colloquio per 30 minuti al massimo e poi il leader se ne andava lasciandol­i nel «covo». Solo dopo ore potevano andarsene, sempre con il volto coperto e su mezzi guidati da guardie fidate. Eppure tutte le ricostruzi­oni su come gli americani siano arrivati al bersaglio differisco­no nei dettagli, ma ruotano attorno ad un elemento comune: lo hanno scoperto filando uno dei corrieri. Il comandante dei curdi siriani Maflouz Abdi ha dichiarato alla Nbc che una loro fonte, parte della scorta del Califfo, avrebbe sottratto un paio di mutande e raccolto campioni di Dna poi girati agli Stati Uniti in estate, dettagli per provare chi fosse il target. Rivelazion­i da romanzo per le quali è impossibil­e distinguer­e tra propaganda e realtà. Sono possibili sorprese, sono in corso nuove operazioni Usa.

Nell’incursione a Barisha i commandos statuniten­si hanno catturato due persone e sequestrat­o materiale. Ci vorrà del tempo per le indagini, non è chiaro se renderanno pubbliche delle immagini. Per il momento tengono tutto coperto, compreso il nome del cane da guerra mandato dalla Delta Force nel tunnel sotto il nascondigl­io. Anche qui un’analogia con la missione conclusasi con la fine di bin Laden: allora i Seals avevano al loro fianco un pastore belga, Cairo. E se nella palazzina di Abbottabad, avevano usato tre volte la parola in codice «Geromino» per confermare via radio il successo, l’altra sera il termine concordato sarebbe stato «jackpot».

Quando, alle 19.15, a Washington hanno ricevuto quel segnale hanno compreso di aver chiuso la partita.

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Quel che resta del compound dell’isis vicino al villaggio siriano di Barisha, dopo il raid delle forze speciali americane contro il Califfo Al Baghdadi, rimasto ucciso (Epa)
Macerie Quel che resta del compound dell’isis vicino al villaggio siriano di Barisha, dopo il raid delle forze speciali americane contro il Califfo Al Baghdadi, rimasto ucciso (Epa)

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