L’appello di Rowling per i bambini: «Non donate soldi agli orfanotrofi»
L’autrice di Harry Potter: piccoli usati come esche, meglio finanziare le comunità locali
immagine molto inquietante di un bambino di 6 o 7 anni tenuto in un letto-gabbia. A quell’epoca ero incinta del mio terzo figlio, mi sentivo molto vulnerabile e, mi vergogno a dirlo, inizialmente ho girato pagina. Poi mi sono detta che se la storia era seria come la fotografia avrei dovuto fare qualcosa».
Così Rowling ha deciso che questa era la sua nuova missione. Probabilmente nella scelta ha giocato anche la sua storia di ragazza madre e le difficoltà finanziarie che, a metà degli anni 90, l’avevano portata alla depressione quando Jessica era ancora molto piccola. Anche Harry, dopotutto, era un orfano. Se alla lontananza dai genitori è legata gran parte della letteratura dell’ infanzia — da Biancaneve a Oliver Twist — «non è un problema che la società può permettersi di ignorare».
La soluzione, come sempre, sta nell’informazione. «Arriva un momento in cui i governi capiscono che l’istituzionalizzazione danneggia profondamente i bambini. Noi siamo entusiasti che il ministero degli Esteri britannico abbia deciso di mettere in guardia i cittadini dal danni che provoca il “voluntourism” (volontariato fatto da turisti come parte del pacchetto del viaggio, ndr)».
Si calcola che siano circa 8 milioni i bambini negli orfanotrofi dove, nella gran parte dei casi, crescono con danni al loro sviluppo emotivo, sociale e cognitivo. Per questo, è il consiglio di Rowling, «se avete del denaro da dare quando viaggiate mettetelo nelle comunità locali dove serve veramente».