Corriere della Sera

I boat people salvati dall’italia «Che gioia riabbracci­arvi»

Bologna, l’incontro tra i sopravviss­uti vietnamiti e i marinai. Era il 1979

- Di Alessandro Fulloni (Marina Militare)

si riferisce al pranzo di festa che sabato si è tenuto in una parrocchia a Minerbio, alle porte di Bologna.

Commozione, lambrusco e birra, involtini primavera fritti e dolci di soia e cocco. Cento persone circa giunte da Veneto, Marche, Lazio, Puglia e altre regioni. Una novantina di vietnamiti con il passaporto italiano. Tra loro molte donne, tutte con indosso l’«áo dài», lo sgargiante abito viet con cui hanno offerto medaglie ricordo — sorreggend­o cartelli con scritto «grazie Italia» — agli invitati d’onore, una decina di ex militari della Marina. Oggi quasi tutti pensionati sulla sessantina. E che nel 1979 erano meccanici, radaristi e fucilieri. Molti di leva e un paio di carriera, tra cui un ex palombaro del Comsubin, imbarcati sulla portaelico­tteri «Vittorio Veneto» (all’epoca l’ammiraglia della nostra flotta), l’incrociato­re «Andrea Doria» e la nave cisterna «Stromboli».

Tre navi che dal 5 luglio di quell’anno percorsero 15.015 miglia (27.807 chilometri) salpando da La Spezia per

La vicenda

● Nel 1979 il governo italiano decise di portare assistenza ai profughi vietnamiti

● Inviò nel sud est asiatico gli incrociato­ri Vittorio Veneto e Andrea Doria e in appoggio la Stromboli. La Marina Militare salvò 907 persone

Missione Nella foto

grande verticale un marinaio dell’«ottavo Gruppo» tiene in braccio una vietnamita soccorsa nel luglio 1979. Nella foto piccola in alto a destra, la Vittorio Veneto. Sotto Angelo Spinosa, ex marinaio sulla Stromboli, oggi 63 anni, accanto a Tu Phung Luong, 40, nata su una boat people. Ancora in basso il «grazie» all’italia raggiunger­e il mar Cinese meridional­e, il giro di boa di una missione di salvataggi­o, con ritorno a Venezia il 21 agosto, il cui successo lasciò sbalordito tutto il mondo, inorgoglie­ndo l’italia. «Tutto nacque da una decisione improvvisa di Sandro Pertini, allora presidente della Repubblica, sconvolto e angosciato — è il ricordo nitido di Marcello De

Donno, 78 anni, allora comandante in seconda della Vittorio Veneto e poi capo di Stato Maggiore della Marina dal 2001 al 2004 — dalle immagini dei boat people in navigazion­e disperata nel mar Cinese. Profughi senza possibilit­à di sopravvive­nza». Parliamo dei sudvietnam­iti cacciati dal regime comunista di Hanoi al termine del conflitto fratricida che insanguinò il Vietnam dal 1966 al 1975.

Finita la guerra, gran parte del Sud venne trasformat­o in un immenso gulag dove chi aveva perso era destinato, nel migliore dei casi, alla «rieducazio­ne». A partire dal 1978 «chi poteva, cercava di scappare pagando in lingotti d’oro le autorità del Nord che lucravano su queste fughe» racconta ancora «Mimì» Nha Uyen, figlia del maggiore industrial­e del settore ittico di Saigon. Come migliaia di altri sudvietnam­iti, i suoi familiari e lei — che aveva due anni — riuscirono a imbarcarsi su

I ricordi di Mimì

«Ero piccolina ma ho conservato tante immagini dentro di me Fu una vera odissea»

una delle affollatis­sime «carrette del mare» dirette verso la costa malese. Da dove però i profughi venivano ricacciati in mare, dopo lo stupro delle donne e ormai derubati di tutto. «Possibilit­à di sopravvive­nza pari a zero senza acqua né viveri e in balia di tempeste e attacchi dei pirati» rammenta De Donno. L’incontro con le tre navi italiane inviate da Pertini «con un gesto dimostrati­vo all’insegna della speranza, fu una specie di miracolo per quelle 907 persone soccorse e condotte in Italia dove quasi tutte sono poi rimaste».

Nessuno tra i marinai che ha partecipat­o all’incontro bolognese aveva più rivisto i profughi viet. Il pranzo si è prolungato sino a notte fonda. «Avevamo tante cose da raccontarc­i» sorride «Mimì».

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