La poesia scritta a mano da Luzi per la sua osteria
FIRENZE L’osteria Sette Di Vino, piccola e graziosa, si affaccia su una delle piazze del centro storico di Pienza. Era la preferita di Mario Luzi, il poeta fiorentino che sfiorò il Nobel. Ci ha lasciato quattordici anni fa, il maestro, ma continua a parlarci con versi immortali.
Le sue opere sono pubblicate quasi ogni giorno, girano il mondo e non hanno più segreti. Eppure ce n’è una che racconta una storia inedita. È una poesia scritta a mano e appesa, come un dipinto prezioso, sulla parete destra della locanda. Era l’angolo dell’incanto del sapore dove Luzi gustava crostini misti, prosciutto toscano, pane con l’olio nuovo e vino rosso della casa.
«Ed è qui che Luciano Monachini, l’oste di Sette Di Vino, osò chiedere al maestro ciò che credeva impossibile ottenere», racconta Paolo Mettel, uomo di finanza e mecenate della cultura, presidente dell’associazione Mendrisio Mario Luzi Poesia del Mondo. Luciano dava del tu al maestro e lui era contento di questa confidenza. E quel giorno imprecisato di un’estate di qualche anno fa chiese: «Mario, so che hai scritto una bella poesia sulla bellezza dell’osteria. Potresti scriverla a mano e regalarmela? Ne sarei fiero e l’appenderei come il più magnifico dei trofei».
Luzi era in odore di Nobel, corteggiato e amato da tutti. «Eppure accettò immediatamente — continua Mettel — e senza dirlo a nessuno trascrisse la poesia, L’osteria, che aveva composto nel 1954 e la donò all’oste».
È stato Paolo Mettel ad accorgersene, anni dopo, a farsi raccontare la storia e poi a decidere di pubblicare una plaquette che è stata presentata ieri al Gabinetto Vieusseux di Palazzo Strozzi a Firenze. È un piccolo capolavoro arricchito da un acquarello dipinto per l’occasione da Pietro Paolo Tarasco, da una nota di Anna Dolfi, professore emerito dell’università di Firenze e accademico dei Lincei, da una foto di Luzi a Pienza (di cui era cittadino onorario) e naturalmente dalla poesia L’osteria con accanto la foto della trascrizione firmata dal poeta. «È una delle poesie più suggestive di Luzi — commenta la professoressa Dolfi — nella quale s’intravede il paesaggio della Val d’orcia. Descritto dall’interno di una stanza, quella dell’osteria appunto, nella quale un personaggio dal vetro della finestra riesce a vedere al di là della siepe e a descrivere quel mondo. Un’opera scritta più di mezzo secolo fa eppure ancora oggi di una modernità straordinaria».