Del Vecchio si rafforza in Mediobanca
Delfin secondo socio con il 7,5%, Bolloré scende al 6,7%. Nagel: lavoriamo per tutti gli azionisti
Leonardo Del Vecchio continua la scalata a Mediobanca. Adesso è il secondo azionista di Piazzetta Cuccia con il 7,52%, subito dopo Unicredit che ha l’8,8%. Il patron di Essilor-luxottica ha incrementato la quota rispetto a settembre, quando dichiarò a sorpresa di avere preso il 6,94%, con un investimento di circa 600 milioni. Scende invece il francese Vincent Bolloré, a 6,73% dalla storica quota del 7,85% che era vincolata nel patto di sindacato, sciolto a fine 2018 e sostituito da un patto di consultazione nel quale il finanziere bretone non è entrato.
È la nuova mappa dell’azionariato che emerge dall’assemblea dei soci di ieri che ha approvato il bilancio 20182019 chiuso con 823 milioni di euro. Le altre partecipazioni rilevanti si confermano stabili con Blackrock al 4,98% e Mediolanum al 3,28%).
Lo scontro aperto tra il ceo
Alberto Nagel e il nuovo azionista — con il quale non ci sono stati contatti — non c’è stato. In rappresentanza di Del Vecchio era presente il suo braccio destro Romolo Bardin, numero uno della holding Delfin e consigliere di amministrazione di Generali. Se n’è andato senza dire una parola, con sulle spalle uno zainetto con il logo della compagnia triestina. Ma un assaggio c’è stato, con l’astensione di Delfin alla richiesta da parte di un piccolo socio di un’azione di responsabilità sul caso Ieo, ovvero sul «no» espresso da Mediobanca, azionista di riferimento dell’ospedale milanese, ai 500 milioni di euro che la Fondazione Del Vecchio, anch’essa socia di Ieo, avrebbe voluto donare. Si è astenuto il 12% dei presenti, pari al 7,8% del capitale totale: ovvero Delfin (anche se Bardin rimanda al verbale d’assemblea, non confermando) più qualche socio minore. «Sullo Ieo c’è stato un confronto molto civile e strutturato», ha spiegato Nagel, «abbiamo registrato posizioni diverse e abbiamo preferito che la situazione rimanesse immutata, Non faccio nessun commento su Delfin», ha tagliato corto, «noi lavoriamo per tutti gli azionisti».
Rinviando al 12 novembre per il nuovo piano industriale, Nagel ha rivendicato i buoni risultati dei tre anni appena conclusi. E ha escluso nuovamente, in tandem con il presidente Renato Pagliaro, che
Mediobanca possa vendere parte del suo 13% in Generali — che molti osservatori ritengono sia il vero obiettivo di Del Vecchio, più che lo Ieo. «Generali dà un rendimento del 15%, vendere la quota ha senso se abbiamo bisogno di capitale o per reinvestire in un’attività che rende altrettanto». Certamente fusioni e acquisizioni non sono escluse ma «devono essere una opportunità, non una necessità». Non è neanche un tema di bilancio, ha sottolineato Nagel in risposta indiretta a Del Vecchio che nei giorni scorsi aveva posto l’accento sul peso dei proventi di Generali negli utili di Mediobanca: «Abbiamo voluto costruire in gruppo meno esposto alla volatilità dei ricavi. Il 60% viene da wealth management e Compass, bilanciando la volatilità dell’investiment banking. E siamo molto meno dipendenti da Generali: nel passato era pari al 25% dei ricavi e oggi è al 12%». Ma ha alzato le barricate: «Il mio auspicio è che rimangano indipendenti e con base in Italia».