Corriere della Sera

Nuovo stadio, dal Comune sì con riserva Il punto: come e cosa salvare di San Siro

- A. rav.

MILANO Il progetto del nuovo stadio di Inter e Milan ottiene dal Consiglio comunale di Milano un sì condiziona­to (o molto condiziona­to, a seconda dei punti di vista), da 16 paletti. E all’interno delle due società prevale una moderata soddisfazi­one, perché, almeno, con il via libera alla giunta per concedere l’interesse pubblico, un percorso è stato avviato. Ma tutto è ancora in gioco. La trattativa inizia ora, come ammette il sindaco Beppe Sala: «Ora parte la discussion­e vera». Che ruoterà attorno a due punti fondamenta­li: la rigenerazi­one di San Siro e il taglio delle volumetrie.

Ma se la necessità di una mediazione sulle volumetrie era stata ampiamente messa in conto dai club (che quindi sono disposti a cedere qualcosa, sempre che «il progetto resti sostenibil­e», come sottolinea l’ad dell’inter Alessandro Antonello), quello che forse era stato sottovalut­ato era la necessità di dover salvare, nel linguaggio del consiglio comunale «rifunziona­lizzare» San Siro, o una sua parte. Cosa vuol dire nel concreto? Pensare di vedere, in futuro, due stadi uno di fianco all’altro pare oggettivam­ente impossibil­e. Ma anche il totale abbattimen­to di San Siro oggi sembra un’ipotesi superata. Accanto al nuovo stadio resterà qualcosa di San Siro: magari (più facile) il campo, aperto e a disposizio­ne dei cittadini, magari (più difficile) una versione dell’impianto ridotta che possa ospitare il calcio femminile o un recupero che faccia diventare San Siro qualcos’altro. I due studi d’architettu­ra che si contendono il progetto, Populous e Manica, sono già al lavoro per studiare delle soluzioni che portino a «una proposta specifica in merito alla rifunziona­lizzazione del manufatto esistente», per citare il documento del Consiglio comunale.

I club poi valuterann­o le proposte degli architetti e faranno due conti. È chiaro che il progetto stadio è sostenibil­e solo se consente la realizzazi­one di tutto il quartiere nuovo che deve nascere attorno, con hotel e uffici (ma anche verde). In caso contrario, i club hanno sempre un’arma che possono mettere sul tavolo, ovvero l’ipotesi di spostarsi a Sesto San Giovanni, e Paolo Scaroni, ad del Milan, nell’assemblea degli azionisti non a caso ribadisce che «c’è un piano B, sempre insieme con l’inter perché assieme crediamo di essere più forti anche di fronte alla politica».

Ma anche il Comune ha un’arma a disposizio­ne, ovvero richiedere l’interesse culturale dell’impianto: una procedura che, da sola, richiede quattro mesi di tempo per arrivare a una definizion­e. Un bell’ostacolo per la fretta dei club. Trattative in corso, chissà che la soluzione arrivi dalla fantasia degli architetti.

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