Impaurito e senz’anima, il Milan adesso si guarda le spalle
MILANO Male sì, così male no. Che questo Milan avesse limiti, tecnici e caratteriali, era chiaro a tutti, già prima di partire. Così come a tutti era sembrato un tantino ambizioso l’obiettivo societario della qualificazione Champions. Ma chi poteva immaginarsi che dopo 9 giornate, un quarto di campionato, il Diavolo dovesse addirittura guardarsi le spalle? Eppure il fantasma della serie B è lì. I 3 punti sulla zona salvezza e le 5 sconfitte schiantano ogni tentativo di difesa. La crisi rossonera è grave, gravissima. Soprattutto perché adesso è chiaro che il problema non era l’allenatore ma la squadra, che è peggio. La gestione tecnica è stata per due mesi un alibi per molti giocatori, che si sono nascosti dietro alle incomprensioni con Giampaolo e il suo calcio complesso, scaricandogli addosso ogni colpa. Ma se con l’arrivo di Pioli la svolta non è arrivata, significa che la questione è diversa, è più profonda, più seria. Nessuno qui è senza colpe. Società e proprietà in primis. Ma questa squadra, che ha il quarto monte ingaggi della serie A, è sopravvalutata e senz’anima. Non bastano i nomi, né le valutazioni choc, se poi in campo si entra molli e con la testa altrove. Innanzi tutto è ormai evidente che il Milan ha enormi lacune caratteriali. Non sa gestire le partite, non le sa leggere. Manca un leader. Capitan Romagnoli non lo è, non abbastanza. Alla prima difficoltà la squadra crolla. È la paura della paura. E così non si va da nessuna parte. Pioli, che l’ha capito, ci sta lavorando. E ha inquadrato il tema: «Qua sembra che vincere, pareggiare o perdere non cambi nulla. E invece cambia tutto». Non è nemmeno questione di età, di giovani o non giovani: a Roma hanno fallito malamente Biglia come Leao, Suso come Paquetà. Dietro allo sprofondo rossonero non c’è però solo la testa. Pioli non è un mago, sta provando a normalizzare il gioco, rendendolo più aderente alle caratteristiche, il problema è che errori anche basici stanno annullando ogni progresso. I 12 gol subiti in 6 partite sono una sentenza di colpevolezza. È come dovere scalare sempre una montagna, ogni volta. I 9 gol segnati invece rappresentano il peggior dato degli ultimi 24 anni. I guai sono ovunque. Pioli progetta un rimpasto, Piatek è in vantaggio su Leao, Bennacer su Biglia. Prima del trittico della morte Lazio-juve-napoli, giovedì arriva la Spal. Uno scontro salvezza. Va chiamato col suo nome, sennò è peggio. Guardati le spalle, Diavolo, non è uno scherzo.