Ferrari, lezione messicana: sotto accusa c’è il muretto
Errori di strategie, Rosse ancora battute dopo essere partite davanti. «Manca carico aerodinamico»
Battere le vertigini per volare davvero. Dalla lezione messicana la Ferrari raccoglie tanti appunti, non sarà facile memorizzarli tutti prima del Gp degli Usa. Bisogna provarci, Mattia Binotto tiene alto il morale temendo che la terza vittoria sfumata di fila mandi in depressione l’ambiente. Domenica si va ad Austin, su un circuito dove l’anno scorso Raikkonen salutò la compagnia con un trionfo prima di cedere il volante a Leclerc.
Lewis Hamilton prima di prendersi il sesto Mondiale in Texas (gli servono 4 punti) sarà oggi a New York, ospite al Nasdaq insieme a Toto Wolff. Le loro facce sorridenti appariranno sui megaschermi di Times Square, la Mercedes è la prima squadra nella storia della F1 a conquistare sei titoli piloti e sei titoli costruttori di fila. Esempi formidabili per le menti veloci della finanza, e per gli avversari.
Pit stop
La Ferrari di Leclerc a un pit stop in Messico (Getty Images)
Contro un colosso così, non puoi sbagliare un passo, figuriamoci tre Gp consecutivi nei quali parti davanti. Dopo l’affidabilità in Russia e i piloti in Giappone, sulla graticola va il muretto. Sotto accusa le scelte dello stratega spagnolo Iñaki
Rueda — lo stesso che a Singapore era salito sul podio per festeggiare la doppietta grazie a mosse decisive —, i calcoli del garage remoto di Maranello e l’analisi dei dati sulle simulazioni del venerdì.
Il tattico degli argentati, James Vowles, ha ribaltato la partita chiamando la sosta anticipata al 23° giro e vincendo anche lo scetticismo iniziale del suo pilota. Dall’altra parte anziché marcare Hamilton hanno deciso di continuare con Vettel per altre 14 tornate nella convinzione, sbagliata, che le gomme del cinque volte iridato sarebbero crollate nel finale. Leclerc era già rientrato per coprire le due soste della Red Bull con Albon, la sua corsa è stata compromessa da un imprevisto calo delle prestazioni con le medie e da un problema di fissaggio della ruota posteriore destra durante il pit-stop. All’origine della mancata vittoria quindi ci sono valutazioni errate ed eccessi di prudenza, Binotto ha ammesso di essere rimasto sorpreso dal comportamento delle gomme. «I problemi di graining (lo scivolamento delle coperture che riduce l’aderenza, ndr) che si erano manifestati nelle prove, in gara erano spariti — ha confermato Vettel —. Forse avremmo potuto rischiare di più, ma sarebbe stato un viaggio verso l’ignoto».
Le sue dichiarazioni dimostrano quanto sia difficile per il Cavallino percorrere l’ultimo miglio: dopo l’estate gli enormi progressi hanno colmato il gap tecnico con la Mercedes, ma manca ancora qualcosa a livello organizzativo e di mentalità. Infine c’è il paradosso di una macchina imprendibile in qualifica (9 pole contro le 8 Mercedes) ma facilmente rimontabile sulla distanza (3-13 è il passivo). Per vincere deve rimanere davanti e difendersi grazie al motore più potente, altrimenti non recupera. Per il 2020 serve più equilibrio.
L’analisi di Seb: «Andiamo forte sui rettilinei perché abbiamo una vettura efficiente e un motore fantastico. Ma ancora ci manca carico aerodinamico, per questo in gara abbiamo un ritmo peggiore che al sabato e fatichiamo nel gestire le gomme. Dobbiamo solo aggiustare un po’ di cose, abbiamo persone e competenze giuste per farlo. La lampadina si accenderà».
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