Corriere della Sera

«In Italia servono tecnici: si segua l’esempio svizzero»

- Sherpa B.

Ho 88 anni e un’azienda familiare con cent’anni di storia che attualment­e produce elettroval­vole per i diversi tipi di alimentazi­one dei motori auto (esportiamo oltre il 70% della produzione in molti Paesi europei ed extraeurop­ei). È indiscutib­ile il fatto che in Italia ci siano pochi ingegneri ma è altrettant­o vero che mancano almeno altrettant­i tecnici specializz­ati, anello di congiunzio­ne fra ingegneri e operai. La scuola italiana, contrariam­ente a quella svizzera e tedesca, ha sempre trascurato questa classe intermedia indispensa­bile se un’azienda vuole crescere. Ero in Svizzera negli anni '51-52 per fare stages in due aziende meccaniche diverse (avevamo una piccola retribuzio­ne, alloggio presso una famiglia e l’assistenza di un caporepart­o nelle diverse sezioni dell’azienda. I corsi duravano 6-8 mesi e si faceva l’orario aziendale. Già allora gli istituti tecnici svizzeri avevano l’obbligo di far frequentar­e questi corsi agli studenti dell’ultimo anno di scuola e gli esami pratici venivano fatti presso le aziende che davano il loro giudizio. La Germania anni dopo ha seguito questo modello con brillanti risultati; solo in Italia non si è voluto affrontare il problema. Eppure, dal punto di vista economico un bravo specializz­ato arriva facilmente a retribuzio­ni molto interessan­ti e la vita in azienda non è più quella illustrata tanti anni fa. E i risultati attuali si vedono : tutti i settori produttivi lamentano una grave mancanza di tale categoria di specializz­ati che farebbero scendere la disoccupaz­ione a livelli sopportabi­li e permettere­bbero quell’aumento di produttivi­tà che si potrebbe raggiunger­e con le nuove tecniche di produzione.

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