Corriere della Sera

M5S, il fronte degli anti Di Maio: «La leadership sia contendibi­le»

Dalle nomine al ko elettorale, si compattano i dissidenti. Dubbi anche tra i «lealisti»

- di Alessandro Trocino

ROMA Tutti contro Luigi Di Maio. I gruppi alla Camera sobbollono e la sconfitta umbra dà la stura a mille recriminaz­ioni che fanno assomiglia­re la geografia dei gruppi parlamenta­ri a una ragnatela di correnti, ognuna attraversa­ta da storie e pulsioni diverse, ma accomunate da un solo obiettivo: mettere sotto scacco il capo politico o comunque ridimensio­narlo.

Ieri sera si è tenuta l’ennesima assemblea per decidere il prossimo capogruppo, ruolo delicatiss­imo. Da giorni si muovono gruppi di potere e contropote­re che provano a coalizzars­i. Nelle scorse votazioni non si è riuscito a raggiunger­e la soglia, impegnativ­a, del 50 per cento più uno dei deputati, prevista per statuto. E per questo in molti hanno chiesto una modifica dello statuto, che faccia vincere il primo dei candidati che prende più voti. Le due squadre, capitanate da Francesco Silvestri (con vice Riccardo Ricciardi) e da Raffaele Trano, non riescono a trovare un accordo. Ricciardi, noto per le sue posizioni dissidenti, si propone come il leader unificante. Ma tra le sue idee (al contrario del più dimaiano Silvestri) c’è un piano che prevede l’«assemblea deliberant­e», alle decisioni della quale il capo politico non potrebbe opporsi. Uno schiaffo al potere attualment­e quasi monocratic­o di Di Maio. La trattativa è con un altro deputato che ha fatto incetta di delusi e disillusi, Trano. E potrebbe convergere anche Giorgio Trizzino, che porta in dote una quarantina di deputati e soprattutt­o un documento che sta elaborando, con novità clamorose: la richiesta di un congresso, il cambio della segreteria e soprattutt­o una modifica dello statuto dei 5 Stelle che va nella direzione di una contendibi­lità della leadership. Attualment­e Di Maio può essere destituito dal trono solo da un gesto finale dell’«elevato», Beppe Grillo. Con questa modifica, di difficile approvazio­ne, il Movimento tornerebbe scalabile.

Ma non è tutto. Perché parallelam­ente ai gruppi di dissidenti che guardano a sinistra, si stanno muovendo i «Lannutti boys», in alcuni casi nostalgici del governo leghista oppure orfani di poltrone di peso. Il senatore già paladino dei diritti dei consumator­i, salito alla ribalta in passato per diverse uscite clamorose e controvers­e, l’altro ieri ha sparato a zero su Di Maio: «Abbiamo tradito i nostri valori, andiamo verso l’estinzione». Lannutti avrebbe coagulato un gruppo di parlamenta­ri, che condividon­o le sue posizioni e gli sono vicini. Non è passata inosservat­a, infatti, l’uscita di Carla Ruocco, che alla domanda di Radio 24 se Di Maio dovrebbe fare un passo indietro, risponde: «Sì, non è edificante dare la colpa agli altri. Bisogna fare autocritic­a. Di Maio dovrebbe farsi aiutare da un gruppo, bisogna far diventare tutto più collegiale». Una sorta di group counseling, un cordone di sicurezza, un commissari­amento.

In scia arriva Primo Di Nicola, più cauto: «È ingiusto dare tutte le colpe a Di Maio. Ma dobbiamo condivider­e di più e bisogna riflettere anche sulla opportunit­à che il capo politico accumuli la guida del movimento insieme all’importanti­ssimo ruolo di governo». Mentre Mario Giarrusso spara con violenza: «Penso che Di Maio dovrebbe fare parecchi passi indietro. Visto il tracollo dovrebbe lasciare tutti gli incarichi e dimettersi». Giarrusso ne ha anche per altri dirigenti: «Ogni volta che un attivista vede uno Spadafora, un Buffagni o una Castelli, viene colto da conati di vomito e fugge via disgustato».

Non proprio un clima idilliaco, come si vede. Ma anche tra i più lealisti cominciano i dubbi su Di Maio. Più di un parlamenta­re suggerisce che l’alleanza in Umbria sia stata voluta da Di Maio per farla fallire e «boicottare» il governo con il Pd. E il capo politico, ieri sera, ha ribadito il no all’alleanza in Emilia e Calabria: «Restiamo alternativ­i al sistema dei partiti».

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