Corriere della Sera

L’investimen­to da 147 milioni e il finanziere delle scalate

- Di Mario Gerevini e Fabrizio Massaro

Duecento milioni di dollari del Vaticano in un conto al Credit Suisse di Lugano. Pronti a partire per l’angola: investimen­to in una piattaform­a petrolifer­a. Ma l’affare è troppo rischioso. Così nel 2014 scatta il piano B: i soldi vengono affidati a Raffaele Mincione, finanziere affacciato­si da poco tempo sulle piazze di Londra e Milano e noto per la sua abilità e propension­e al rischio (scalate a Banca Bpm e Mps). Tutt’altro che un gestore prudente, insomma. È qui che la Segreteria di Stato fa una scelta di campo. L’affare che Mincione propone è uno storico palazzo del centro di Londra, in Sloane Avenue 60, già sede di Harrods. Il palazzo è suo. Ne vende il 45% al Vaticano e si tiene il 55%. Il piano? Una classica speculazio­ne edilizia: ristruttur­are, convertire in residenze di lusso e rivendere. Solo che tutto va a rilento. I permessi arrivano solo a fine 2016. Nel frattempo la Brexit azzoppa la sterlina. Risultato: l’investimen­to non decolla. Inoltre i soldi (147 milioni di euro, al cambio di allora) vengono usati anche per raid di Borsa come le scalate a Banca Carige, Tas, Retelit. A operare è il fondo Athena, con cui Mincione gestisce i denari della Segreteria. Una parte di quei soldi li usa per finanziare la sua holding, Time&life. «Sapevano tutto, mandavo report mensili», ha spiegato il finanziere al Corriere. «Gli era stato detto e ridetto» di non comprare quei titoli, ha dichiarato ieri l’ex Sostituto della Segreteria, Angelo Becciu, «si volevano i classici investimen­ti della Segreteria di Stato: a capitale garantito e non di carattere speculativ­o». Tra agosto e ottobre 2018 Edgar Peña Parra prende il posto di Becciu e si rompe con Mincione. Il palazzo è ora tutto del Vaticano, con i suoi debiti (150 milioni del mutuo), i suoi fantasmi del passato e un’inchiesta per truffa, corruzione e peculato all’ombra di San Pietro.

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