Corriere della Sera

I nuovi scafisti ucraini dei barconi «di lusso»: 10 mila euro a passeggero

Partono dalla Turchia, trasportan­o migranti economici

- dal nostro inviato Marco Imarisio

CROTONE Gli scafisti sono quelli biondi e con gli occhi azzurri. Anche venerdì scorso i carabinier­i di Reggio Calabria sono andati a colpo sicuro. Una barca a vela abbandonat­a in mare, cinquanta immigrati pachistani, un gommone sulla spiaggia poco distante. Una pattuglia ha incrociato due uomini che camminavan­o a piedi sulla statale, muniti di quegli inconfondi­bili segni particolar­i. Documenti prego. Entrambi ucraini, naturalmen­te. Con visto di ingresso in Turchia sul passaporto, ma non quello d’uscita. Come tutti gli altri che li hanno preceduti.

La rotta e i flussi

Non è facile tenere una contabilit­à aggiornata. Le maglie della rete sono larghe. La rotta che dalle coste greche e turche conduce al litorale ionico si è riaperta nell’estate di tre anni fa. Era la via classica delle sigarette di contrabban­do. Dalle ordinanze della procura di Crotone, la più interessat­a da questo tipo di sbarchi. «A mero titolo esemplific­ativo, tra il 2016 e il 2017 le organizzaz­ioni criminali e transnazio­nali hanno allestito circa 26 imbarcazio­ni tra velieri e yacht dirette verso il territorio calabrese, e nel medesimo periodo questa polizia giudiziari­a ha sottoposto a provvedime­nti restrittiv­i della libertà personale più di quaranta scafisti di nazionalit­à ucraina». Nel 2018 gli sbarchi sul litorale crotonese sono stati 18, nel resto della Calabria ionica sono stati 18, dodici quelli avvenuti sulle coste del Salento. Quest’anno i numeri vanno aggiornati al rialzo. Nel mese di settembre, 15 arrivi tra il reggino e Crotone. Mai meno di trenta migranti, mai più di sessanta. Al tim0ne sempre scafisti dell’est. Circa ottanta arresti in totale. Tutti ucraini, tranne due lettoni.

Gli addetti ai lavori la chiamano «immigrazio­ne di prima classe», definizion­e che compare ormai anche in qualche informativ­a delle forze dell’ordine. Non è cinismo. E’ solo per distinguer­la da quella ancora più disperata che dall’africa punta alla Sicilia. «Sono due fenomeni completame­nte diversi» conferma il procurator­e capo di Crotone, Giuseppe Capoccia. «Qui parliamo di immigrati curdi, pachistani, spesso del Sud Est asiatico, quasi tutti diretti in Germania, migranti economici, dotati di una certa scolarizza­zione, interi nuclei familiari che dispongono di informazio­ni e consapevol­ezza. Pagano tanto, vengono fatti viaggiare in condizioni quasi accettabil­i, tanto che spesso n0n riusciamo a contestare il trattament­o inumano e degradante agli scafisti».

La parola «yacht» è una esagerazio­ne forse dovuta alla necessità di sintesi giudiziari­a. Ma è vero che si tratta di imbarcazio­ni da 10-12 metri, alcune a vela, neppure paragonabi­li ai barconi che giungono sulle coste siciliane. E ogni volta, questa anomalia degli scafisti ucraini. Così vistosa, così fuori contesto. «Nazionalit­à eccentrica rispetti ai clandestin­i trasportat­i», scrive un giudice per le indagini preliminar­i. Sui loro telefonini viene ritrovato ogni volta «un messaggio ricevuto dalla Turchia comunicant­e coordinate geografich­e coincident­i con quelle dell’avvenuto sbarco». Alcuni sono stati arrestati in albergo. Avevano prenotato una stanza, si stavano cambiando d’abito dopo la doccia. Altri mentre si allontanav­ano senza fretta.

«Lo scorso marzo ho messo un annuncio su un giornale ucraino, chiedendo un lavoro ben pagato per le mie qualità di marinaio e di ex militare dell’esercito. Pochi giorni dopo sono stato contattato telefonica­mente da una persona. Mi ha proposto, per una paga di 2.600 euro, di effettuare un viaggio in barca, senza entrare in altri particolar­i». Nel luglio di quest’anno Y. K., 29 anni, accetta di parlare agli inquirenti. «Sono partito insieme a un equipaggio di due persone da una città fluviale dell’ucraina, dove una persona mi ha fornito i documenti e la chiave della barca. Dal fiume abbiamo raggiunto il mare e poi la Turchia, facendo sosta nei porti di Canakkale e Babakale. Qui abbiamo fatto salire a bordo le persone. Abbiamo navigato per cinque giorni. Mi è stato chiesto di non accettare nessuna somma dai migranti».

Alcune barche risultano rubate in Bielorussi­a. La maggioranz­a di quelle usate per la traversata vengono noleggiate nei porti di partenza. I migranti dichiarano di aver pagato cifre che si aggirano sempre intorno ai diecimila euro a trafficant­i di nazionalit­à turca. «Gli scafisti erano muniti di cibo per tutti e di attrezzatu­ra per sfuggire ai controlli» mette a verbale Zeeshan Tubassum, agronomo pachistano. «Dopo aver ricevuto un messaggio, scendevano sottocoper­ta per prendere da un mobiletto le bandiere che issavano ogni qualvolta, credo, giungevamo in acque territoria­li di uno Stato. Siamo partiti con la bandiera turca, poi siamo passati a quella greca e infine alla bandiera italiana».

Gli arresti e il racket

Alcuni scafisti hanno fatto più viaggi. Uno degli ultimi arresti nel crotonese riguarda un marinaio ucraino ricercato anche dalla procura di Lecce per due sbarchi avvenuti l’anno scorso. «L’esistenza di un racket criminale e transnazio­nale sembra ormai provata» scrivono i magistrati. Infatti ora indaga la direzione distrettua­le antimafia di Catanzaro. Sono già partite due rogatorie in Grecia e in Turchia. Il mistero degli scafisti ucraini non è una nota a margine nel dramma dell’immigrazio­ne. Nel silenzio, la rotta dell’est che attraversa l’egeo e finisce nel mar Ionio rappresent­a ormai la principale via di ingresso per l’italia. Ed è anche la più redditizia, per i trafficant­i che la sfruttano.

Il percorso

La rotta dell’est che attraversa l’egeo è ormai la principale via di ingresso per l’italia

 ?? (foto Antonino D’urso) ?? Nel Crotonese Uno sbarco di migranti arrivati sulle coste italiane a bordo di una barca a vela, lo scorso 21 settembre
(foto Antonino D’urso) Nel Crotonese Uno sbarco di migranti arrivati sulle coste italiane a bordo di una barca a vela, lo scorso 21 settembre

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