Corriere della Sera

LA MIGLIORE RIFORMA DELLA SCUOLA? PENSARE AI MATTONI

- di Paolo Di Stefano

Vogliamo migliorare la scuola italiana? Le «priorità» si allineano tutte (o quasi) sotto il concetto resistenzi­ale di «lotta», come se si trattasse di opporsi a una dittatura che ci opprime e di cui bisogna liberarsi eroicament­e. Dunque, combattere contro il precariato degli insegnanti, contro la dispersion­e (o «evasione») scolastica, contro la mancanza di risorse e contro i tagli economici. Appena finita l’epica battaglia contro la svalutazio­ne della storia (e la geografia?!), è in corso la crociata contro l’idea che basti una laurea per diventare insegnanti («A marzo – dice il ministro – metteremo mano alle abilitazio­ni»). E poi ci sono la piaga della disastrosa comprensio­ne testuale e le lacune in matematica. Tutti temi cruciali e sacrosante preoccupaz­ioni per le famiglie. Poi ti capita di essere invitato nella scuola media di una zona periferica del Ticino e, il giorno dopo, nella scuola media di una zona periferica di Milano. Parli, racconti, spieghi e vieni ascoltato con interesse, fioccano domande e curiosità. Sei soddisfatt­o. Le insegnanti collaboran­o, sono partecipi, intelligen­ti, calme. Alla fine ti chiedi: dov’è la differenza tra la tanto bistrattat­a scuola italiana e una scuola straniera? Risposta: la differenza non c’è, ma solo a condizione che ti costringi a entrare bendato. Perché lo scarto che subito salta gli occhi non è nella qualità dei docenti né nella preparazio­ne degli alunni, lo scarto pauroso è nei muri. Da una parte (oltre confine) strutture perfettame­nte normali, giardini e cortili ben tenuti, palestre attrezzate e aule accoglient­i, ricca biblioteca, mensa capiente. Nelle nostre scuole, macchie di umidità, soffitti scrostati, banchi traballant­i, microfoni gracchiant­i, ruggine dentro e sterpaglie fuori, finestre cigolanti. E allora pensi: non è che le vere grandi riforme sarebbero le più banali? Ripartire dalla muratura. E poi, una volta risolta la muratura, passare ai mattoni dell’alfabetism­o: leggere, scrivere e far di conto. Non è mai troppo tardi.

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