Libano stremato dalle proteste Il premier Hariri si dimette
Beirut stremata dopo i cortei che hanno unito il Paese
Il premier libanese Saad Hariri si è dimesso. Lo ha annunciato in un discorso in tv: «Ho preso questa decisione dopo aver ascoltato le richieste dei manifestanti» che da quasi due settimane protestano nelle piazze.
Le squadracce irrompono sulla piazza della protesta e abbattono le tende tirate su quasi due settimane fa. Anche il governo libanese non resta in piedi. Il primo ministro Saad Hariri annuncia in diretta televisiva di voler rimettere il mandato: «Ho preso questa decisione dopo aver ascoltato le richieste dei manifestanti. Mi sono trovato in un vicolo cieco». Per concludere cita il padre Rafik, assassinato nel 2015: «Nessuno è più grande del proprio Paese». Il discorso dura 5 minuti, poi Hariri si dirige al palazzo presidenziale.
Migliaia di persone lo ascoltano, in piedi per le strade che presidiano dal 17 ottobre. Reagiscono urlando «tutti vuol dire tutti», è quello che chiedono fin dall’inizio: la coalizione al potere deve andarsene a casa o almeno devono essere licenziati i ministri considerati più corrotti.
Per ora Hariri rimane in carica. Il presidente Michel Aoun sta valutando le dimissioni, potrebbe decidere di respingerle o chiedere al premier di restare per un periodo. Come è già successo e risuccesso in passato, il Paese si ritrova con un governo di transizione. Verso che cosa non è ancora chiaro. Le banche e le università restano chiuse, le manifestazioni continuano. L’accampamento più grande a Beirut — piazza dei Martiri, in mezzo a quella che era la prima linea durante i 15 anni di guerra civile — è stato assaltato dai sostenitori di
Hezbollah e dell’alleato Amal. Al grido di «sciiti, sciiti», hanno incendiato i tendoni e distrutto tutto quel che potevano. Esercito e polizia sono intervenuti per ricacciarli indietro. In realtà si sono ritirati solo quando hanno visto che i manifestanti erano di più e pronti a reagire.
Questo confronto di forze è ribaltato nel Paese: Hezbollah è l’unico gruppo ad aver conservato le armi dopo la il conflitto, Hassan Nasrallah e gli altri leader ripetono che «sono necessarie per combattere la resistenza contro Israele». Di fatto le milizie filo-iraniane sono meglio equipaggiate e addestrate delle truppe regolari. Nasrallah dovrebbe parlare venerdì pomeriggio, uno dei suoi sermoni politici. Fino ad ora ha ripetuto di non voler cambiamenti al governo, ha rifiutato l’idea di elezioni anticipate e si è presentato come il protettore dei manifestanti.
Gli scontri di ieri a mezzogiorno hanno mandato in frantumi il tentativo di mantenere un fronte unito, le proteste hanno cercato di superare le divisioni e le appartenenze religiose. Nei quartieri sunniti la gente ha tirato giù i poster con il volto di Saad Hariri. In quelli dominati dagli sciiti ha cantato slogan contro Hezbollah. Fuori dal palazzo del governo i cortei se la sono presa con Gibran Bassil, il ministro degli Esteri e suocero del presidente Michel Aoun, leader cristiani.
I libanesi sono scesi insieme per strada, hanno bloccato la capitale e le altre città: gli «schiavi» — così si definiscono — contro quelli che stanno nel palazzo. All’inizio si sono opposti a una tassa che andava a toccare la possibilità di telefonare risparmiando, le tariffe per i cellulari sono già tra le più alte al mondo. Il governo aveva pensato di imporre un nuovo balzello sulle chiamate via Whatsapp, un modo per impoverire ancora di più la popolazione colpita dalla crisi economica.
Adesso chiedono riforme e la coalizione uscente (forse rientrante) ha presentato una lista di proposte che per ora restano solo promesse. Le banche sono ancora chiuse oggi, è la fine del mese, la maggior parte di chi protesta ha bisogno di ritirare lo stipendio. Anche così le famiglie al potere — le stesse che spadroneggiavano durante la guerra civile — sperano di piegare la rivolta.
Il primo ministro Saad Hariri annuncia in diretta tv di voler rimettere il mandato: sono in un vicolo cieco
I picchiatori I sostenitori del gruppo filo iraniano hanno devastato le tende dei manifestanti