Trump contro la Ue Ma non ha senso abbracciare Putin
Scenari Una strategia equilibrata ma non arrendevole, più esigente verso la Russia e capace di reagire al presidente Usa, che continua ad attaccare l’italia e l’ue
Se esisteva ancora qualche dubbio sui sentimenti di Donald Trump nei confronti dell’unione europea, il capo della Casa Bianca ha provveduto ieri l’altro a fare chiarezza. Nel corso di una intervista significativamente concessa all’eurofobo britannico Nigel Farage, Trump ha preso di petto anche il suo discepolo Boris Johnson rimproverandogli di puntare a un accordo con Bruxelles per fare la Brexit.
Ealla critica si è aggiunto un malcelato ricatto, perché in queste condizioni gli Usa «non potrebbero» concludere quel grande accordo commerciale sul quale Londra punta dopo aver preso il largo dall’europa. A tanto Trump non era mai arrivato. E non basta, perché il presidente si occupa anche di noi affermando che «l’italia starebbe molto meglio senza l’europa», al pari di «altri Paesi» non nominati.
Quando questi sono i pensieri del tuo principale alleato, quando l’ostilità verso l’europa non punta il dito sui suoi molteplici difetti ma assume una valenza strategica a dispetto della legittima volontà delle nazioni prese di mira, non basta prendere atto ancora una volta dell’ideologia di Trump avversa a ogni forma di multilateralismo e desiderosa invece di affidarsi esclusivamente a rapporti bilaterali, a pressioni commerciali e a imposizioni tecnologiche. Diventa anche perfettamente normale, per i Paesi europei, guardarsi intorno, cercare alternative magari settoriali a quel potere amico che ti maltratta a cadenze regolari. Ma c’è un grave problema: il nostro «intorno» geopolitico si chiama Russia.
Sono mesi ormai, dal G7 di Biarritz l’estate scorsa, che in Europa convivono una lucida consapevolezza e una forte tentazione. La prima riguarda la dipendenza dell’europa dagli Usa per le questioni di sicurezza, e anche, malgrado il neo-isolazionismo di Trump, per quella cultura da grande potenza che consente all’opinione pubblica statunitense di accettare l’uso della forza e le sue conseguenze. L’europa paga i suoi ritardi analitici e i suoi egoismi finanziari in campo militare, ma è anche portatrice, con la parziale eccezione di Gran Bretagna e Francia, di una cultura degna, propria di chi ha ospitato sul
Rapporti transatlantici Per i Paesi dell’unione è normale guardarsi intorno se il principale alleato dimostra ostilità
suo territorio due guerre mondiali.
La tentazione, lanciata e sostenuta da Emmanuel Macron ma anche dalla presidenza di turno finlandese che per tradizione nazionale ben conosce la Russia, approvata a voce bassa dalla Germania e da altri, consiste nel riconoscere che l’europa non può più affidarsi unicamente alla protezione americana. Che servirà del tempo per dare alla Ue (forse) una sovranità credibile nel campo della sicurezza, e che la miglior cosa da fare subito sia di cercare un dialogo più intenso con la Russia. Senza rinunciare alle sanzioni in vigore, e a condizione che il Cremlino faccia davvero la sua parte nel pacificare l’ucraina. Allora e soltanto allora diventerebbe possibile coinvolgere la Russia in una nuova definizione della sicurezza europea.
La visione di Macron ha il merito di essere coraggiosa, ma è sbagliata. Perché il presidente francese ha proceduto come spesso fa, preferendo il protagonismo personale alle consultazioni con i soci. Perché ne è risultato un approfondimento della spaccatura europea tra Ovest e Est sul tema Russia, con la Polonia, i Baltici e la Romania che sembrano vivere (e sbagliano anche loro) nel costante timore di un attacco militare del perfido Putin. E soprattutto ha errato Macron perché una consistente apertura geopolitica alla Russia come reazione ai proclami di Trump, oggi, rappresenterebbe una rischiosa fuga in avanti destinata a rimanere fragile.
Vladimir Putin ha appena stravinto la complessa partita siriana, anche se Trump ha poi riguadagnato in parte terreno con l’uccisone del «califfo» al-baghdadi. Al di là della Siria, del resto, il capo del Cremlino sembra non sbagliare un colpo, cosa che non può certo essere detta di Trump dalla Corea del Nord all’afghanistan e, perché no, all’europa. Ma il Putin che vince all’estero rischia di perdere in casa. Il consenso interno è fortemente sceso, anche se resta prevalente per mancanza di veri rivali. L’economia sopporta i costi delle imprese guerresche fuori porta, ma deve incassare i bassi prezzi del petrolio, le sanzioni e l’inesistenza di riforme sempre promesse e mai attuate. Particolarmente brutale, come ha segnalato il New York Times in un suo rapporto, è diventata la repressione del dissenso e di ogni forma di non allineamento. La collega Svetlana Prokopyeva è stata condannata a sette anni di campo di lavoro per favoreggiamento del terrorismo perché, scrivendo di una ragazza che si era fatta saltare in aria in un ufficio di polizia, ha accostato il suo gesto ai rivoluzionari del diciannovesimo secolo. Un uomo che percorreva la Russia affermando che Putin era un demonio da esorcizzare è stato ricoverato in un istituto speciale in Siberia. Spine nel fianco come il più noto Alexey Navalny vengono continuamente incalzati dai servizi. E il progressivo indurimento della «democrazia illiberale» russa coincide con le prime mosse di una lotta di potere che potrà soltanto peggiorare le cose con l’avvicinamento al 2024, l’anno in cui Putin dovrebbe lasciare il Cremlino.
La prudenza di cui Macron non è campione, con questa Russia, è il minimo indispensabile per l’europa che cerca un suo spazio tra Trump e Putin (senza dimenticare la Cina) . Individuare una strategia equilibrata ma non arrendevole, più esigente nei confronti della Russia e capace di reagire nei confronti di Trump, dovrà essere la vera priorità della Commissione di Ursula von der Leyen quando finalmente riuscirà a insediarsi. Ed è davvero triste che l’italia non sia in grado di contribuire, screditata com’è dai capitoli 007 e Russiagate, Hotel Metropol e promesse tradite.