Corriere della Sera

«Il dialogo coi 5 Stelle deve andare avanti Anche Renzi lo sa bene»

Nardella: ma il Pd è in mano al ceto politico romano

- di Monica Guerzoni

ROMA Sindaco Dario Nardella, avanti con il governo o meglio votare?

«È sbagliato ipotizzare il voto, il governo è nato da pochissimo e sta superando il momento più difficile. Il risultato in Umbria non mi è parso sorprenden­te, né è così drammatico per il Pd. Rispecchia più o meno il voto delle Europee».

Persa l’umbria, cadranno anche Emilia e Toscana?

«Niente panico. La sfida è difficile ora, come prima».

Di Maio non vuole saperne di una coalizione col Pd.

«Non darei del tutto persa l’ipotesi di una alleanza, purché non la si carichi nuovamente di significat­o politico».

Il sogno della vocazione maggiorita­ria è sfumato?

«Non bisogna arrendersi a un ruolo minoritari­o, magari inserito in un neoproporz­ionalismo da Prima Repubblica. Il Pd può ancora essere un grande partito popolare a vocazione maggiorita­ria, perno di una coalizione».

Il Nazareno fatica a costruire il profilo del Pd?

«Sì, è la cosa che piu mi preoccupa. Abbiamo governato con Berlusconi e ora con Bersani, ci mancano solo Salvini e Meloni. Abbiamo affogato la nostra ragione d’essere nello stare al governo».

Troppa voglia di poltrone?

«Quando si perde il rapporto con il territorio, diventa un rischio reale».

Come si fa a ricostruir­e un centrosini­stra se Pd e Iv sono più rivali che alleati?

«Con pazienza e determinaz­ione. Il Pd deve dialogare con M5S e Iv. Renzi è il primo a sapere che questo esperiment­o deve andare avanti».

Non c’è voglia di ribaltone?

«No, sarebbe autolesion­ista per il Pd, per Italia viva e per i 5 Stelle. Ma il governo deve far vedere che ha un’idea di Paese. Qual è la politica industrial­e, quale il new green deal annunciato da Conte?».

Un renziano come lei non è attratto dalle sirene di Iv?

«Resto nel Pd e faccio qui le mie battaglie».

Lei vuol cambiare nome al Pd, non è un errore?

«Il nome deve stare dentro un cambiament­o complessiv­o. Il Pd ha abbandonat­o i territori ed è in mano al ceto politico romano. Io voglio un Pd rovesciato, dove contano gli amministra­tori, i sindaci».

Non era così anche con Renzi al Nazareno?

«É da almeno un decennio che il Pd non parte più dalle istanze del territorio. È un processo che viene dalla vecchia tentazione del partito liquido, dallo smantellam­ento delle sezioni, non è certo colpa di Zingaretti».

Il nuovo statuto rende il Pd simile al M5S?

«Anche se il Pd non deve avere paura delle piattaform­e online, la sua vera rete non può che essere quella delle persone in carne e ossa».

Il vice Orlando vuole correre per la segreteria?

«Credo che un congresso sia vero quando punta a rifondare le ragioni di un progetto politico, non quando diventa l’ennesima conta. Non possiamo cambiare un segretario ogni anno. Vedo molto tatticismo da parte di Orlando, come sempre. Più che i posizionam­enti di potere, mi interessa una discussion­e vera e in questo sostengo Zingaretti».

Un sostegno molto critico.

«Sono d’accordo con lui, ma lo vedo spesso imbrigliat­o nella logica sterile del correntism­o. Il segretario può trovare una sponda vera negli amministra­tori e nel territorio, in quella parte di Pd che ha nella società civile il suo punto di forza».

Per Bersani sarebbe un dramma se Bonaccini perdesse in Emilia-romagna.

«È un ottimo candidato, ha lavorato bene. Penso che possa convincere i 5 Stelle, ma solo se si smette di parlare di matrimonio politico».

E nella sua Toscana?

«No, la vedo improbabil­e perché ci sono stati più elementi di divisione. Il Pd deve fare di tutto per arrivare a una candidatur­a unitaria».

Lei che propone?

«Cari amici emiliani e toscani, decidete voi, in una idea di partito federale che è il contrario del partito verticisti­co. Se centralizz­i tutto, centralizz­i la sconfitta».

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Chi è Dario Nardella, 43 anni, Pd, sindaco di Firenze dal 2014

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