Corriere della Sera

Trovato il primo farmaco efficace nel 90% dei casi di fibrosi cistica

- Di Adriana Bazzi

Quando Francis Collins, nel 1989, scoprì, con il suo team, il gene della fibrosi cistica, scrisse una canzone dal titolo «Il coraggio di sognare» dove esprimeva la speranza che, grazie alla genetica, si potesse trovare una cura per questa malattia che accorcia la vita. Trent’anni dopo il sogno dello scienziato americano, oggi capo dei National Institutes of Health, si è avverato: due studi, pubblicati in contempora­nea sul New England e su Lancet, dimostrano che, grazie a una nuova terna di farmaci, la malattia può essere controllat­a all’origine e i sintomi migliorano in maniera «sorprenden­te», dicono gli americani. La fibrosi cistica è dovuta, appunto, all’alterazion­e di un gene (chiamato CFTR) e, quindi, della sua proteina che regola il passaggio dei sali in alcuni tipi di cellule epiteliali di rivestimen­to. Risultato: le secrezioni (come quelle del muco nelle vie aeree) sono più dense. E a subirne i danni sono soprattutt­o i bronchi e i polmoni, poi il pancreas, il fegato, l’intestino. La nuova triade terapeutic­a (si chiama Trikafta) è composta da due farmaci già in uso, l’ivacaftor e il tezakaftor, più quello nuovo, l’exacaftor: insieme «stirano» la proteina alterata, in quanto «accartocci­ata» su se stessa, e le permettono di agire nel posto giusto sulle cellule. I sintomi migliorano (i pazienti respirano meglio e hanno meno problemi digestivi) e la speranza dei ricercator­i è quella di rendere la fibrosi cistica una malattia cronica, come il diabete (oggi la media di sopravvive­nza di chi ha la fibrosi cistica è 44 anni). Questa nuova terapia è indicata nel 90% dei casi. Ne rimane escluso un 10%, con altre mutazioni genetiche, per il quale andranno trovate nuove cure. La fibrosi cistica è una malattia rara, ma non rarissima: colpisce uno su 2.500 nati e, in Italia, si registrano circa 200 nuovi casi all’anno. Per ora questa nuova terapia, approvata in tempi rapidissim­i dall’fda, l’ente federale americano per i farmaci, è indicata solo per i pazienti dai 12 anni di età in su, ma si spera che possa essere disponibil­e anche per i più piccoli, così da contrastar­e subito i danni agli organi. A quando il suo arrivo in Italia? Perché sia disponibil­e occorre che sia approvata dall’ema, l’agenzia europea dei farmaci, e poi registrata da noi (ed eventualme­nte rimborsata). Il problema, come al solito, è quello del costo: attualment­e, negli Usa, si aggira attorno ai 300 mila euro per anno di terapia per paziente.

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