Corriere della Sera

La Spd differente di Saskia Esken

- di Paolo Lepri @Paolo_lepri

Fermare il declino, anche se nessuno sa bene come, è la principale speranza dei socialdemo­cratici tedeschi. Il glorioso partito che fu di Willy Brandt — una forza di cui l’europa avrebbe bisogno per resistere agli attacchi di populisti e nazionalis­ti — viaggia nei sondaggi intorno al 14 per cento e ha perso largamente terreno nei Länder dove si è votato recentemen­te. Le ricette antiscompa­rsa sono diverse. Quella di Saskia Esken — che si è candidata per la leadership della Spd insieme all’ex ministro delle Finanze della Nord Renaniaves­tfalia, Norbert Walter-borjans — è cercare di non scontentar­e né i vecchi né i giovani. Ai primi promette incrementi pensionist­ici per chi ha lavorato un grande numero di anni, ai secondi una ripartizio­ne più equa delle opportunit­à frutto dei cambiament­i tecnologic­i.

Nata cinquantot­to anni fa a Stoccarda, eletta nel Baden-württember­g a Calw (la città di Hermann Hesse), Esken è una semplice parlamenta­re, non particolar­mente nota al grande pubblico. La sua decisione di scendere in campo è stata inizialmen­te accolta con sorpresa. «Non conoscevo Walter-borjans — ha detto — ma tra noi si è creata un’intesa politica a prima vista». Nella votazione dei 430.000 iscritti il duo ha ottenuto il 21 per cento, poco meno di Olaf Scholz (ministro delle Finanze nel governo Merkel) e della sua compagna di avventura Klara Geywitz (molti partiti tedeschi hanno la regola di una leadership uomo-donna). Sarà necessario quindi il ballottagg­io, i cui risultati verranno annunciati il 30 novembre. Ora è il momento di girare la Germania. O da sola oppure in coppia con il suo partner politico, l’uomo che ebbe l’idea di comprare alcuni cd-rom piratati in Svizzera per smascherar­e gli evasori fiscali.

I due aspiranti co-presidenti della Spd non la pensano esattament­e allo stesso modo sulla questione più importante: la grande coalizione con i cristianod­emocratici ha un futuro? Lui è incerto, lei è molto scettica. Rompere adesso, forse, sarebbe assurdo. Più a lunga scadenza, se il partito non correrà in qualche modo ai ripari, magari proprio con una buona dose di coraggio riformator­e, andare all’opposizion­e potrebbe diventare un obbligo, non una scelta.

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