Re David: «Nella fusione dell’auto vanno difese le fabbriche italiane»
«Non c’è dubbio che, in un mercato globalizzato, la fusione tra grandi gruppi automobilistici stia nelle cose. Il punto è capire che cosa succede all’occupazione in Italia. Tema che riguarda non solo i dipendenti d Fca, ma anche quelli dell’indotto», dice la segretaria generale della Fiomcgil, Francesca Re David.
Temete che dalla fusione tra Fca e Psa (gruppo Peugeot) possano scaturire esuberi di personale o la chiusura o il ridimensionamento di stabilimenti in Italia?
«È un discorso che non vogliamo neppure prendere in considerazione. Il comunicato dei due gruppi assicura che l’occupazione verrà garantita e che non ci saranno chiusure di stabilimenti. Ma noi vogliamo discutere di che cosa succede della capacità produttiva installata in Italia, perché ora rispetto a un potenziale di 1,4 milioni di veicoli all’anno se ne producono la metà. Che facciamo? Restiamo a 700 mila auto prodotte all’anno oppure impostiamo una strategia per i prossimi 10 anni? Vogliamo conoscere il piano industriale. siamo davanti a una svolta epocale, a una fase di non ritorno, di fronte alla quale ciascuno deve fare la sua parte».
Quali sono le aree più a rischio di sovrapposizione produttiva?
«Quelle del segmento delle auto di media cilindrata. Ma immagino che la fusione la facciano per accrescere le vendite e per allargare i mercati, investendo in tecnologie e nuove piattaforme» .
Cosa chiedete al governo?
«Che convochi la proprietà di Fca, che è ancora italiana, e i sindacati e chieda alla casa automobilistica quali sono i piani industriali legati alla fusione. Il governo non può limitarsi a fare da spettatore delle decisioni delle multinazionali. Deve svolgere un ruolo attivo sul futuro dell’industria dell’auto in questo Paese e a difesa dell’occupazione. Esattamente come fanno i governi di Francia e Germania».
Il sindacato italiano concorderà le sue mosse con quelli di Francia e Germania, Paesi coinvolti dalla fusione, oppure ognuno andrà per suo conto?
«Siamo già in contatto con sindacato francese e tedesco perché pensiamo che si debba unire e non dividere i lavoratori. Con i sindacati francesi abbiamo già fatto un comunicati unitario che dice che l’occupazione va salvaguardata tutta. La stessa cosa vogliamo fare con le organizzazioni tedesche».
E in Italia? Farete fronte comune con Fim-cisl e Uilm-uil? La Fiom sembra avere un atteggiamento meno disponibile verso la fusione Fca-psa.
«La Fiom è consapevole che c’è una difficoltà che deriva dall’essere ancora fuori dal contratto di lavoro Fca. Ma condividiamo con Fim e Uilm la volontà di confrontarci, di chiedere l’impegno del governo, di difendere l’occupazione e di rivendicare un piano industriale che indichi una prospettiva di sviluppo. Spero che saremo uniti perché uniti si è più forti».
Non è vero allora che la Fiom è meno disponibile?
«La Fiom ha un atteggiamento di confronto. Non siamo all’opposizione rispetto alla fusione. Ma la Fiom non si fida solo degli annunci, vuole entrare nel merito. Con l’azienda e con il governo, al quale riconosciamo di aver aperto un tavolo sull’automotive. Il nostro obiettivo è arrivare a un’operazione che non sia solo a vantaggio degli azionisti, come è avvenuto, pr esempio, nel caso della vendita della Magneti Marelli, ma anche dei lavoratori e del Paese. Per questo vogliamo parlare di innovazione e della transizione verso una produzione ecosostenibile».
L’azienda vi ha convocato?
«Credo lo farà nelle prossime settimane. Ma sopratutto spero che chiami i sindacati tutti allo stesso tavolo e non la Fiom ad un tavolo separato».
Il fatto che lo Stato francese sia azionista di Psa non rischia di condizionare eventuali ristrutturazioni?
«Lo Stato francese ha fatto la scelta giusta, stando nell’azionariato di Psa come in quello di Renault. Questo gli consente di vigilare sull’occupazione in Francia. Non dimentichiamo che l’amministratore delegato del nuovo gruppo Fca-psa sarà Tavares, ad di Psa. Sarà lui a decidere sulle politiche industriali e occupazionali. Per questo insistiamo che il governo italiano faccia la sua parte. Ci aspettiamo un cambio di passo. Altrimenti reagiremo».
Il premier convochi i vertici del gruppo. L’italia ora produce soltanto 700 mila auto l’anno contro una capacità di 1,4 milioni Uniti con Fim e Uilm, Fca non ci convochi su tavoli separati. Siamo già in contatto con sindacato francese e tedesco