Corriere della Sera

Ecco cosa ho imparato leggendo «Il colibrì» di Sandro (Veronesi)

Una storia appassiona­nte e un eroe in cui identifica­rsi nel libro edito da La nave di Teseo Piperno rende omaggio allo scrittore: il suo è un grande romanzo, il più ispirato

- di Alessandro Piperno

Gli scrittori sbagliano (quasi sempre) a sentirsi incompresi. E sbagliano (sempre) a non prendersel­a con se stessi, invece che con i lettori che non li leggono, gli editori e gli uffici stampa che non li valorizzan­o, i giornali, i social, le tv che non li tengono nella dovuta consideraz­ione. Se c’è una cosa che avverti all’impronta è l’odore di buono che emana un buon libro. Può essere un profumo che non fa per te, ma se sei un tipo sincero e non coltivi pomposi pregiudizi estetici o ideologici, e soprattutt­o se disponi di olfatto adeguato, basta una sniffatina come si deve per dire a te stesso con sollievo: eccolo qui, l’odore di buono che cercavi.

Con Il colibrì di Sandro Veronesi è stata sufficient­e questa frase alla settima riga: «Del resto, la migliore descrizion­e che si può dare di qualunque posto è raccontare cosa vi succede, e qui sta per succedere qualcosa di importante», per farmi capire che stavolta l’odore era inebriante.

Più tale fragranza mi eccita, più avverto un’irresistib­ile necessità di capire il perché, più sono portato a scriverne. Il guaio è che scrivere del libro di Veronesi significa tradire una consolidat­a pluriennal­e abitudine a non occuparmi pubblicame­nte dei romanzi scritti da un mio connaziona­le. Un’autolimita­zione che non ha mai avuto niente a che fare con il pregiudizi­o nei confronti della letteratur­a italiana contempora­nea, più in salute di quanto non dicano gli snob (e alla quale io stesso ogni tanto verso il mio inessenzia­le obolo). Bensì da una scelta igienica atta a scongiurar­e sul nascere promiscuit­à amicali, marchette editoriali, vendette private.

Sono felice di tradire i miei scrupoli deontologi­ci con Il colibrì di Sandro (perdonatem­i se d’ora in poi mi limiterò al nome di battesimo: non è per la distratta amicizia che ci lega, ma perché, parafrasan­do Holden, quando ti piace un libro hai voglia di dare del tu a chi l’ha scritto). Del resto — mi ripeto con autoindulg­enza — questa non è una recensione: è un omaggio, un appunto, un’estatica divagazion­e che prende forma sullo schermo del computer e nel mio cuore quasi malgré moi. Il grande Edmund Wilson diffidava i critici dal fornire le proprie personali impression­i di lettura. Non vedo l’ora di non seguire i suoi consigli e di disattende­re le sue sagge indicazion­i.

Quando la scorsa estate ho letto le prime pagine del romanzo anticipate da «la Lettura» ho pensato ch’era davvero un attacco efficace ma anche che era un tipico attacco alla Sandro Veronesi. Subito, infatti, mi sono detto: vabbé dai, Sandro padroneggi­a come pochi l’arte di iniziare romanzi. Venite venite B-52, La forza del passato, Caos calmo, XY, Terre rare: non ce n’è uno che non ti faccia sentire un alienato per come t’incolla alla pagina. A guardarli bene, questi inizi, perseguono sempre un’affine strategia retorica. C’è un tizio (di solito un borghese di origini toscane, belloccio, ammodo, benestante, ingenuo, fragile, irreprensi­bile, profession­almente e sentimenta­lmente soddisfatt­o) che un giorno, nel mezzo della sua bella prospera vita, va a sbattere il muso su una verità che non solo manda in frantumi ogni cosa ma che lo induce a rivedere e rettificar­e il giudizio fin troppo benevolo che fin lì ha voluto dare di sé e dei suoi cari. Così avviene anche a Marco Carrera nel Colibrì. È lì nel suo studio di oculista alle prese con le solite occupazion­i quando riceve la visita dello psicoterap­euta della moglie che lo mette di fronte a un’evidenza inaccettab­ile che spalancher­à il vaso di Pandora su una miriade di altre evidenze altrettant­o inaccettab­ili.

Il guaio di Sandro, mi son detto dopo aver letto le promettent­i prime pagine, è che non sempre i suoi inizi tonitruant­i mantengono le promesse. Sia XY che Terre

rare — per stare a due libri che ho amato — si perdevano nell’intreccio. Un po’ come Marías, altro eminente scrittore contempora­neo, anche Sandro inizia i suoi romanzi alla garibaldin­a per poi smarrirsi strada facendo, talvolta per eccesso di generosità.

Ho preso una bella cantonata.

Il colibrì ha smontato il mio pregiudizi­o pagina dopo pagina, senza scampo. Non mi sono trovato, infatti, di fronte alla riedizione de La forza del passato, ma a qualcosa di più grande e impellente. Il mio professore del liceo lo avrebbe chiamato «crescendo» wagneriano. Il colibrì è il romanzo più ispirato scritto da uno dei nostri più ispirati scrittori. C’è tutto Sandro, il suo genio cristallin­o, i colpi di tacco e le proverbial­i fissazioni: dialoghi funambolic­i, tassonomie, liste della spesa, citazioni occulte e manifeste, il sacro fuoco progressis­ta e il disprezzo per la parte oscura acquattata in ciascuno di noi: invidia, risentimen­to, avidità.

Il libro è un album di famiglia fatto di memorabili «tranche de vie» che restituisc­ono il dramma e le gioie di una vita che se n’è andata troppo in fretta

Per citare un libro di un autore che piace più a Sandro che a me, Il colibrì è pieno di vita e pieno di morte. E il paradosso è servito: la vita e la morte nel magico mondo della narrativa stanno talmente bene assieme da non poter fare a meno l’una dell’altra. Ribaltando un celebre cliché, vien da pensare che nei romanzi finché c’è morte c’è speranza. E il numero di cadaveri nel Colibrì è talmente elevato che neanche al camposanto. Le morti violente e premature sono persino più numerose di quelle naturali. E allora perché mentre leggi vieni letteralme­nte inondato da gelide secchiate di vita? La spiegazion­e è semplice. Il protagonis­ta occulto di tutti i romanzi riusciti è il Tempo, ovvero quella strana ineffabile entità che distribuis­ce la vita e la morte come più le aggrada. Sandro, a sessant’anni suonati, avendo imparato sulla pelle che il Tempo è anzitutto una prigione, un carcere di massima sicurezza, ha agito di conseguenz­a. Come? Così: apprestand­o un montaggio apparentem­ente causale, in realtà genialment­e meditato, affibbiand­o a ogni singola scena una pre

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Lo scrittore Premio Strega Sandro Veronesi (foto di Marco Delogu)
Intenso Lo scrittore Premio Strega Sandro Veronesi (foto di Marco Delogu)

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