Corriere della Sera

Il lungo viaggio di Elliott prevede quattro tappe giovani, conti, Uefa e stadio

- Arianna Ravelli

MILANO Una rosa giovane (ma come si vedrà non senza possibili eccezioni: per esempio erano arrivati i sì per Ibra l’anno scorso e Modric, in estate), conti «stabili», rapporti normalizza­ti con la Uefa e, naturalmen­te, lo stadio. Le voci su una possibile vendita del Milan emergono periodicam­ente e non potrebbe essere diversamen­te data la natura della proprietà, che è un fondo d’investimen­ti, ma dalle parti di Elliott continuano a registrars­i smentite a ogni ipotesi di addio (e in modo netto anche di alcuna trattativa con il francese Arnault e il ceco Kretinsky), almeno non prima di aver realizzato il progetto con i quattro punti di cui sopra. Una volta completati, infatti, il Milan dovrebbe essere un club risanato, tornato ai vertici del calcio e, di conseguenz­a, la vendita potrà essere convenient­e. Quanto ci vorrà? Quello che serve.

A quanto risulta, l’uefa è il punto sul quale al Milan ritengono di essere più avanti con il lavoro, dopo l’accordo raggiunto la scorsa estate (in cambio della rinuncia all’europa League), che dovrebbe sfociare in un settlement agreement in grado di definire una volta per tutte il piano di rientro. Vedremo.

Su tutto il resto, il viaggio è ancora molto lungo. Partiamo dai conti, dal momento che il bilancio si è chiuso con un rosso record di 155,9 milioni. L’obiettivo è razionaliz­zare: non a caso il primo passo è stato non rinnovare i contratti di Abate, Bertolacci, José Mauri, Strinic, Montolivo, Zapata, che hanno fatto risparmiar­e circa 25 milioni di salari lordi per giocatori non protagonis­ti. I costi per il personale, però, nell’ultimo anno sono ancora aumentati e l’ad Ivan Gazidis ha chiarito che dovrà intervenir­e ancora tagliando il monte ingaggi.

La politica dei giovani nasce da qui, dalla necessità di vedere prima i possibili campioni, in modo da assicurars­eli a prezzi ragionevol­i e, se dovesse servire, venderli guadagnand­oci. Questo non nell’ottica di arrivare a incassare chissà quali dividendi, ma per rendere la società più sana (oggi brucia quasi 10 milioni al mese): fonti vicine a Elliott infatti assicurano che sia la proprietà sia l’ad Gazidis abbiano ben chiaro che ogni euro guadagnato nel calcio vada reinvestit­o nel calcio, anche perché se la parte sportiva non funziona, è difficile trainare tutto il resto, sponsor compresi, come ha spiegato il

presidente Paolo Scaroni all’assemblea dei soci (a proposito ieri è stato ufficializ­zata l’assunzione di una nuova figura nell’area commercial­e). E siccome il Milan deve prima di tutto tornare a vincere, non c’è un’opposizion­e perentoria ai famosi giocatori di esperienza: se era già noto che la proprietà in estate aveva dato il suo beneplacit­o all’ingaggio di Modric, che però poi non ha voluto lasciare Madrid, adesso si scopre che anche un anno fa l’ad Gazidis non aveva affatto bocciato l’idea Ibra: è lo svedese che, incassato il rinnovo con i Galaxy, ha preferito restare dov’era. Perché se il Milan non ricomincia a essere attrattivo è difficile che i campioni vogliano raggiunger­lo. Un circolo vizioso. Che si spezza aumentando i ricavi: ed è per questo che serve lo stadio, ma anche su questo la strada, dopo le condizioni poste dal Comune, è tutt’altro che in discesa.

L’ok a Ibrahimovi­c

La rosa rivolta ai talenti può avere delle eccezioni: Gazidis aveva detto sì a Ibra

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Ivan Gazidis, 55 anni, è a.d. del Milan dal 5 dicembre 2018. A sinistra, Ibrahimovi­c
(Lapresse, Getty) A.d. Ivan Gazidis, 55 anni, è a.d. del Milan dal 5 dicembre 2018. A sinistra, Ibrahimovi­c
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