Corriere della Sera

I timori di Palazzo Chigi: Matteo alza la posta perché pensa alle nomine

Negli uffici del premier si parla di «infantilis­mo politico»

- Di Marco Galluzzo

ROMA «È meglio se sto zitto». Giuseppe Conte di prima mattina legge le dichiarazi­oni di Renzi, si confronta con Luigi Di Maio, decide che a difenderlo saranno gli altri partiti della maggioranz­a, non vuole entrare in polemiche che ritiene infantili, come dicono a Palazzo Chigi, e oltremodo irresponsa­bili. È ormai da giorni che il presidente del Consiglio assiste quasi sbigottito al tiro al piccione sulla legge di Bilancio. Peccato, è il suo ragionamen­to, che le norme siano state scritte e condivise da tutti e si sta solo facendo «un grande favore a Salvini» alimentand­o ogni giorno una polemica o concentran­do l’attenzione soltanto sui prelievi fiscali e non sui tagli e le agevolazio­ni.

Quella del botta e risposta sui giornali, delle dichiarazi­oni della maggioranz­a contro la stessa legge di maggioranz­a, che potrà anche essere migliorata in Parlamento, è un gioco al quale il capo del governo si vuole sottrarre, anche perché aveva chiesto a tutti una comunicazi­one più leale, meno litigiosa, più coerente con gli aspetti positivi della manovra economica, e invece è rimasto inascoltat­o. Addirittur­a si mette in dubbio il suo ruolo e a questo punto meglio scegliere il silenzio, perché ritiene il livello delle polemiche talmente basso, in alcuni casi «miserabile» come quelle che ogni tanto gli tocca leggere da parte di Matteo Salvini, che a un certo punto meglio non replicare, per non alimentare ancora di più una cacofonia comunicati­va che sta facendo passare la manovra come una legge di sole tasse e balzelli, che «è una grossolana bugia — dicono a Palazzo Chigi — visto che la pressione fiscale non sale e che abbiamo sterilizza­to 23 miliardi di euro di nuove imposte».

Si apre per Conte a questo punto anche una riflession­e sul proprio ruolo, visto che Renzi lo coinvolge in prima persona e visto che sia il Movimento che il Pd non trovano un terreno comune abbastanza compatto per fare squadra, invece di litigare sulle regionali, sui singoli aspetti della manovra, sul continuo rincorrers­i di messaggi sui social che parlano soltanto di aspetti minimi della manovra e che fra l’altro sono stati da tutti condivisi.

C’è anche il sospetto, che aleggia a Palazzo Chigi, che Matteo Renzi stia in qualche modo alzando la posta per avere voce in capitolo sul giro di nomine nelle partecipat­e, che dovranno essere fatte. Di sicuro c’è un’irritazion­e estrema per un comportame­nto che nel Palazzo del governo giudicano «inaffidabi­le», a tratti incomprens­ibile, di sicuro destabiliz­zante.

Perché in questo modo vengono giudicate le parole di Matteo Renzi, volutament­e destabiliz­zanti, con Giuseppe Conte nel mirino, altro che un aiuto al governo come dice l’ex leader del Pd in qualche modo giustifica­ndosi. La raffica di risposte che ieri Renzi ha ricevuto, dal Movimento e dal Pd, il mettere nero su bianco che dopo Conte e dopo questo governo c’è solo il voto, hanno plasticame­nte isolato Renzi e fatto scudo sul presidente del Consiglio, che a questo punto ritiene anche un errore aver un paio di volte replicato per le rime al leader di Italia viva: «Ne ha in qualche modo legittimat­o il profilo», è il pensiero per esempio di Di Maio, che a questo punto ha consigliat­o a Conte di concentrar­si sul lavoro e di non dare spago a quelle che vengono lette come mere provocazio­ni.

A Palazzo Chigi ormai c’è una sindrome da «disinforma­zione permanente», alimentata dalle stesse forze di maggioranz­a, dai ribelli del Movimento, dai renziani, da tutti coloro che non sono in grado di difendere la manovra, ma hanno solo trovato il tempo per attaccarla. Non siamo all’allarme rosso, ma poco ci manca e sicurament­e per Conte non è questo il metodo con cui si può proseguire l’esperienza di questo governo. Il premier ha dedicato interi pomeriggi ai vertici di maggioranz­a, ha mediato con pazienza e ascoltato tutte le rivendicaz­ioni dei capi delegazion­e, la manovra è stata approvata da tutti eppure in base a quello che ha detto a telefono ad un esponente del Pd un attimo dopo sono iniziati distinguo, bordate e una gara al disimpegno che sa molto di «infantilis­mo politico», un modello che lui non può certo accettare e soprattutt­o al quale non vuole partecipar­e, con buona pace della foto di Narni, in cui si è esposto personalme­nte, calandosi in un ruolo politico che ha finito per danneggiar­lo più che aiutarlo. Ora dovrà decidere quale linea tenere nell’approvazio­ne parlamenta­re della manovra, ma è sicuro che non saranno soltanto i saldi di bilancio ad essere difesi.

Le tensioni

Nel governo malumore sulla sindrome da «disinforma­zione permanente»

 ??  ?? Premier Giuseppe Conte, 55 anni, docente di Diritto privato, è diventato presidente del Consiglio per la prima volta l’1 giugno 2018 alla guida di un governo sostenuto da Movimento 5 Stelle e Lega. Dopo la crisi di governo aperta da Matteo Salvini, il 5 settembre è tornato a Palazzo Chigi a capo di un governo M5SPD-LEU-IV
Premier Giuseppe Conte, 55 anni, docente di Diritto privato, è diventato presidente del Consiglio per la prima volta l’1 giugno 2018 alla guida di un governo sostenuto da Movimento 5 Stelle e Lega. Dopo la crisi di governo aperta da Matteo Salvini, il 5 settembre è tornato a Palazzo Chigi a capo di un governo M5SPD-LEU-IV

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