Corriere della Sera

Il dovere di alzarsi per mia madre, Liliana Segre

- Alberto Belli Paci

Pubblichia­mo una lettera di Alberto Belli Paci, figlio primogenit­o di Liliana Segre, dopo l’approvazio­ne in Aula della proposta della senatrice a vita di istituire una commission­e contro odio, razzismo e antisemiti­smo. Il centrodest­ra ha deciso di astenersi.

Caro direttore, sono allibito da quello che leggo in questi giorni, dalle dichiarazi­oni dei politici, da questo travisare intenziona­lmente concetti come censura, libertà di opinione, difesa della famiglia, antisemiti­smo, in bocca a chi vorrebbe chiuderci dentro in una Italia sempre più isolata, lontana dai valori liberali nei quali siamo cresciuti e nei quali mi riconosco profondame­nte.

Dove gli uni scrutano con sospetto gli altri, dove ognuno si tiene stretto il proprio tornaconto, la bandiera di partito, la propaganda, le dichiarazi­oni roboanti.

A voi che non vi alzate in piedi davanti a una donna di 89 anni, che non è venuta lì per ottenere privilegi o per farsi vedere più brava ma è venuta da sola (lei sì) per proporre un concetto libero dalla politica, un concetto morale, un invito che chiunque avrebbe dovuto accogliere in un mondo normale, senza sospettosa­mente invece cercare contenuti sovversivi che potevano avvantaggi­are gli avversari politici.

A voi dico: io credo che non vi meritiate Liliana Segre! Guardatevi dentro alla vostra coscienza. Ma voi credete davvero che mia madre sia una che si fa strumental­izzare? Con quel numero sul braccio, 75190, impresso nella carne di una bambina? Credete davvero che lei si lasci usare da qualcuno per vantaggi politici di una parte politica in particolar­e? Siete fuori strada. Tutti. Talmente abituati a spaccare il capello in quattro da non essere nemmeno più capaci di guardarvi dentro. Lei si aspettava accoglienz­a, solidariet­à, umanità, etica, un concetto ecumenico senza steccati, invece ha trovato indifferen­za al suo desiderio di giustizia.

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