«L’aborto avrebbe salvato la vita della nostra Valentina Ci dissero: siamo obiettori»
Catania, morta a 32 anni. I genitori accusano: 7 medici a processo
imputati in camice bianco, esclusa come ipotesi accusatoria dalla stessa Procura, decisa a insistere sull’omicidio colposo per errore medico, non su altro. Come si affanna a ripetere il primario, il professore Paolo Scollo, a lungo presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia, un’autorità nel suo campo, sotto indagine per «gli obblighi di vigilanza e organizzazione», seppure assente nei giorni della tragedia: «Il fatto che siamo obiettori non significa niente. Abbiamo un collega esterno che chiamiamo per le interruzioni di gravidanza. E non esiste lista d’attesa: zero giorni. Tutto documentato. Valentina purtroppo è deceduta per una sepsi che l’ha consumata in 12 ore e che non siamo riusciti a bloccare, come dimostreremo in aula».
Duro lo scontro con l’avvocato della famiglia, Salvatore Catania Milluzzo. Ma per Scollo bisogna valutare «esami e perizie». «L’affermazione di un genitore, pur comprensibilissimo nella sua angoscia per una figlia che muore in gravidanza, non può trasferire il processo dall’aula alle pagine dei giornali».
Di opposto tono il papà di Valentina che rivela un retroscena inquietante: «Hanno nascosto i risultati di un esame, il cosiddetto tampone, fatto due giorni prima della morte. Prova che l’infezione era individuata, che bisognava intervenire. Sparito. Poi ritrovato perché un’anima buona l’ha inviato in modo anonimo all’avvocato. Frattanto era comparso un nuovo esame fatto secondo il referto alle 14 del 15 ottobre, il giorno prima del decesso, con esito perfetto, prova che la sepsi non ci fosse. Ma a quell’ora eravamo con nostra figlia e nessuno fece il prelievo. Una bugia». Echeggiano accuse gravi, mentre resta aperto il nodo dei tanti obiettori in corsia.
I fatti
● Il 16 ottobre 2016 Valentina Milluzzo, 32 anni, muore in ospedale dopo 17 giorni trascorsi in ginecologia all’ospedale Cannizzaro di Catania
● La donna era al quinto mese di gravidanza di due gemellini: secondo i genitori di lei la figlia è morta perché i medici non la fecero abortire nonostante una gravissima setticemia che aveva già spento il cuoricino di uno dei due feti. Sette medici sono a processo