Corriere della Sera

Lettere dal fine vita

Sofferenza e pietà, le parole dei malati per chiedere «una morte dignitosa» Dal 2015 l’associazio­ne Coscioni ha ricevuto 772 richieste d’aiuto via mail

- (Photomasi)

Gli altri casi lunghe, penose e dolorose sofferenze».

Qualcuno si fa portavoce di altri: «Il papà della mia compagna ha 95 anni, è su una sedia a rotelle attaccato all’ossigeno. Non ce la fa più, dice di non voler più andare avanti e ci chiede di informarci anche sulla Svizzera. Cosa possiamo fare per aiutarlo? A un certo punto non si può parlare di tortura?».

Molti, moltissimi in lotta contro malattie neurodegen­erative, fanno riferiment­o alla storia celebre di Dj Fabo, cieco e tetraplegi­co dopo un incidente stradale e accompagna­to a morire a Zurigo da Marco Cappato.

Tutti sperano — come ha fatto lui — di poter scegliere quando andarsene. Specie se pensano al futuro che li aspetta: «Ho 68 anni e sono affetto da una sindrome che mi porterà alla paralisi anche se non ne conosco i tempi esatti. Vorrei informazio­ni per poter in futuro porre fine alla mia sofferenza», scrive uno di loro.

Una donna si rivolge direttamen­te a Marco Cappato. «Buongiorno Marco, ti contatto perché siamo disperati per la situazione di nostro padre malato di cancro alle ossa. Continua a chiedermi di te...

Non avrei mai pensato di dirlo perché siamo sempre stati contrari ma vedendo soffrire lui ora la pensiamo anche noi come te».

La parola più citata è sofferenza. E anche quando non è scritta è lì, fra le righe.

Un malato di Sla, 66 anni: «La malattia ha avuto una progressio­ne lenta, poi due anni fa il declino. Non riesco a deglutire e quindi perdo peso, sono 27 chili. Riesco ancora a fare piccoli movimenti e parlare molto, molto lentamente. Soffro come un cane e non c’è modo di accedere alla terapia del dolore perché è riservata solo ai malati oncologici e terminali. Ma il mio cervello, ahimè, funziona anche troppo e pensando a cosa dovrò ancora affrontare desidero solo finire questa mia esistenza. Vorrei le cure palliative e la morte medicalmen­te assistita...».

Non soltanto email per l’associazio­ne Coscioni. Al centralino 

Una donna di 66 anni Non voglio aspettare di essere immobilizz­ata in un lettino. Vorrei evitare a me e ai miei familiari lunghe, penose e dolorose sofferenze

di Exit Italia, onlus in contatto con le strutture svizzere per il suicidio assistito, arrivano in media novanta telefonate alla settimana di «gente disperata» che non vuole più vivere, come dice il suo presidente Emilio Coveri.

La Corte Costituzio­nale ha dichiarato non punibile Marco Cappato per aver accompagna­to in Svizzera Dj Fabo e il Parlamento — in teoria — dovrebbe ora occuparsi della materia. Ma non lo fa.

Mesi, anni di sofferenze indicibili deformano la vita di malati in condizioni gravissime e irreversib­ili. A volte il dolore può diventare insopporta­bile, si può anche sognare di morire.

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Alla consolle Dj Fabo (Fabiano Antoniani), milanese di 39 anni, era rimasto tetraplegi­co e cieco in seguito a un incidente stradale L’uomo è andato in Svizzera in una clinica specializz­ata, il 27 febbraio 2017, per sottoporsi al suicidio assistito

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