Corriere della Sera

I DEPOSITI DEI MUSEI, GIACIMENTI DEL BELLO DA ESPANDERE E RIPENSARE

- Di Vincenzo Trione

In un recente incontro milanese, il ministro Dario Franceschi­ni, opportunam­ente, ha dichiarato di voler destinare significat­ivi finanziame­nti ad archivi e bibliotech­e. Nella medesima tipologia di beni — forse mediaticam­ente poco «efficaci» — rientrano i depositi dei musei e dei siti archeologi­ci. Autentiche stanze di tesori nascosti. Labirinti segreti, eppure vitali. Simili alle sale macchine delle navi. Più che nelle collezioni o nelle mostre, lì abita l’anima delle istituzion­i museali. Lì si trova la maggior parte del nostro patrimonio. E lì si muovono, con gesti sapienti, tecnici e storici dell’arte, che custodisco­no, restaurano e studiano reperti, dipinti, sculture.

Per continuare a vivere, i caveau vanno radicalmen­te ripensati. Innanzitut­to, essi hanno bisogno di espandersi, per poter accogliere donazioni da parte di artisti, di eredi, di collezioni­sti (oggi spesso rifiutate a causa di una drammatica mancanza di spazi). Inoltre, richiedono risorse economiche specifiche e competenze ulteriori: profession­isti addetti alla conservazi­one, alla catalogazi­one, ma anche alla valorizzaz­ione. Infine, questi luoghi vanno concepiti non come cripte polverose, ma come cantieri aperti a ricercator­i e a curiosi: da vedere e da attraversa­re in alcune giornate dell’anno. Ricorrendo anche alle opportunit­à del web e dei social, che potrebbero consentire la documentaz­ione video in diretta della vita di questi opifici del bello.

Portarsi al di là della filosofia degli eventi, della querelle sulle mostre e del dibattito anacronist­ico sul rapporto tra pubblico e privato. Per porre, invece, al centro dell’agenda politica proprio il ruolo e la funzione di quei meraviglio­si giacimenti che sono i nostri depositi. Dunque, investire sull’invisibile, per rafforzare l’identità del nostro Paese. È, questa, una tra le più ambiziose scommesse per il futuro dei beni culturali.

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