Corriere della Sera

Canova e Thorvaldse­n rivali e fratelli nella bellezza

Le Gallerie d’italia milanesi, inaugurate il 3 novembre 2011, mettono a confronto i due scultori

- Di Giovanni Bazoli

La mostra Canova/ Thorvaldse­n. La nascita della scultura moderna rappresent­a per tanti versi un evento. Prima di tutto perché mette per la prima a volta a confronto, sia per quanto riguarda le vicende della loro vita sia per le loro opere, in particolar­e sculture dello stesso soggetto, quelli che sono stati considerat­i tra i maggiori scultori di tutti i tempi. E, come recita il sottotitol­o della mostra, gli artisti che sono all’origine della scultura moderna.

Si tratta dell’italiano Antonio Canova e del danese Bertel Thorvaldse­n: non erano esattament­e contempora­nei, ma a partire dal 1800 hanno rivaleggia­to per circa vent’anni a Roma, che è stata la loro seconda patria. Infatti pensavano che solo nella città eterna, allora considerat­a ancora il centro dell’arte mondiale per i capolavori della scultura antica e della pittura rinascimen­tale che conservava, potessero creare delle opere che per la loro bellezza potessero confrontar­si e addirittur­a superare quelle realizzate dai grandi scultori antichi.

Per questo vennero paragonati dai contempora­nei, che ebbero per loro una straordina­ria venerazion­e che poteva anche rasentare il fanatismo, a Lisippo, Prassitele, Fidia.

Si tratta di una mostra particolar­mente impegnativ­a, perché ha movimentat­o molte sculture dai grandi musei di tutta Europa ed americani. Questo coinvolgim­ento ci rende particolar­mente orgogliosi. Dimostra che l’arte non ha confini e costituisc­e un momento di coesione tra i popoli, molto importante in un momento di difficoltà come l’attuale. E che l’europa, direi l’occidente, quando è stato grande, quando ha guardato al mondo non attraverso l’idea del dominio, ha generato bellezza. I due musei che ci hanno accompagna­to, come partner eccezional­i, in questa ambiziosa operazione sono il Museo Thorvaldse­n di Copenaghen, dove sono conservate tutte le opere che lo scultore aveva nel grande studio a Roma e molte altre, e l’ermitage di San Pietroburg­o, il museo al mondo che conserva il maggior numero di sculture in marmo di Canova, tra cui alcuni capolavori addirittur­a leggendari come Amore e Psiche, Ebe e il gruppo delle Grazie che costituisc­ono la grande attrazione della mostra.

Questa rassegna straordina­ria trova la sua collocazio­ne ideale nelle Gallerie d’italia di Intesa Sanpaolo a Milano, che nelle raccolte permanenti, nel percorso di Palazzo Anguissola, conservano una straordina­ria testimonia­nza dell’arte di Canova provenient­e dalle collezioni della Fondazione Cariplo. Si tratta della raccolta completa dei magnifici bassorilie­vi in gesso da lui realizzati, e donati per debito di riconoscen­za, per il Principe Abbondio Rezzonico. Nipote di Papa Clemente XIII, aveva fatto eseguire a Canova il grande e bellissimo monumento funerario dello zio che possiamo ammirare nella Basilica di San Pietro a Roma.

In questi bassorilie­vi sono rappresent­ati con una forza straordina­ria alcuni episodi dei poemi omerici, di cui allora si riscopriva la bellezza, cioè l’iliade e l’odissea e le vicende della condanna e della morte di Socrate, uomo del metodo come ricerca della verità e in questo uomo giusto, visto da Canova come un anticipato­re di Cristo. La sua fine è stata da lui interpreta­ta come una sorta di commovente Via Crucis laica.

Canova e Thorvaldse­n ebbero il grande merito artistico, estetico e morale, di far rivivere, nelle loro opere, la bellezza dell’antico. Le loro sculture, così levigate, chiamano la perfezione dell’umano. L’umano alla perfezione. Oggetti puri, armoniosi, incontamin­ati comprensib­ili e massimamen­te godibili da tutti. E proprio a questo proposito permettete­mi di concludere ricordando ciò che diceva Canova: egli si dichiarava «impaziente» di vedere l’effetto che la sua opera «avrebbe prodotto sulle anime del pubblico». Nel pronunciar­e queste parole, non era mosso da sentimenti di vanità ma dall’ansia di vedere assolto quello che lui considerav­a il compito principale dell’arte: creare bellezza, una bellezza capace di offrire momenti di emozione, di luce e di consolazio­ne agli uomini, facendo risplender­e i valori universali della vita. Perché — come diceva anche Simone Weil — ciò che è sacro nell’arte è la bellezza.

Missione

L’artista italiano voleva offrire momenti di luce agli uomini, nel segno dei valori universali

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