Corriere della Sera

La passione e la rabbia

Zero indignato per i femminicid­i e la crisi energetica Poi sbotta: basta con i cellulari, non siete cameraman

- Sandra Cesarale

«Finitela con i cellulari! Siete qui per vedere Renato Zero o per fare i cameraman? Metteteci l’anima e la memoria. Basta con ’ste ca...te»: è appena iniziato il secondo tempo dello show. Il signore dei sorcini interrompe il concerto e si rivolge al pubblico. È furibondo. Poi, come fosse un direttore d’orchestra ordina: «Daccapo». Esce di scena e rientra dopo pochi secondi. I cellulari sono (quasi tutti) spenti. Ora sì che può intonare Vivo.

La passione e il furore. È partito l’altra sera dal Palazzo dello Sport di Roma «Zero il folle in tour»: sei date nella Capitale tutte esaurite (oggi la seconda replica) prima di intraprend­ere un viaggio nei palazzetti che ha raccolto 14 sold out su 26 live.

«Quattro, tre, due, uno .... Zero!». Il conto alla rovescia urlato dal pubblico è l’immancabil­e rituale che dà il via alla serata lunga tre ore. Il sipario bianco, sovrastato da tre gigantesch­e maschere, si apre. Sullo schermo compare l’orchestra diretta da Renato Serio che accompagna, «virtualmen­te», Zero in Il mercante di stelle. Lui indossa un lungo mantello con fiori di stoffa colorati. È un tour nei palazzetti ma dal forte impatto teatrale. A partire dagli splendidi costumi (18 i cambi d’abito) che fanno pendant con i bizzarri copricapo: turbanti, parrucche bianche dal sapore settecente­sco, cloche argentate in stile anni Venti, tube dalle quali fanno capolino una colomba, fiori o cd.

Zero, circondato sul palco dalla sua band, è padrone della scena. A 69 anni mostra un’energia invidiabil­e. Confessa: «Il calendario mi ha detto: non hai più 18 anni. Ho riflettuto, ho dato un’occhiata alla muscolatur­a, mi sono fatto mettere uno stent. Ora il cuore batte benissimo e sarà dura liberarvi di me. Questa follia tenetela da parte. La calma piatta non ci piace».

Zero mette insieme passato e presente senza troppa nostalgia e concede molto poco all’eccentrico dissacrato­re degli anni 70: in scaletta compaiono Madame e Triangolo, ma le lascia cantare al coro Wacciuwari mentre lui si defila dietro le quinte. E anche se l’ironia non lo abbandona mai, Renato Zero predilige pescare in tutto il suo repertorio canzoni di denuncia sociale o brani più intimi e li fa rivivere con le melodie di Zero il folle (ci sono quasi tutte) pubblicato poche settimane fa.

Durante Rivoluzion­e (scritta con Incenzo, Palmer e Parisse) sul grande schermo compaiono le immagini di Gesù, Martin Luther King, Gimondi, Bartali, Don Bosco, Falcone e Borsellino, Gandhi e Madre Teresa di Calcutta. Quattro passi nel blu, dedicata agli amici scomparsi, è accompagna­ta da una lunga lista di nomi: da Mia Martini a Pino Daniele e Lucio Dalla, da Fabrizio De André a Battisti, Califano e Alex Baroni, da Modugno al Quartetto Cetra, da Fabrizio Frizzi ad Anna Marchesini, Gaber e Pavarotti. Canta Casal De’ Pazzi e spunta il volto di Pasolini con la bocca chiusa da un cerotto nero. Su Emergenza noia si vedono tirapugni, strisce di cocaina e un posacenere colmo di sigari. È sferzante la sua

Ufficio reclami con i coristi travestiti da preti e suore ed è dolente il suo sfogo contro i femminicid­i. Urla: «Non è mai la donna che muore, ma gli uomini che si sono suicidati». È uno Zero indignato che si preoccupa delle culle vuote («Le cicogne disertano») e della crisi energetica («Tutto non basta per tutti. E niente non è sufficient­e per tutti. Finirà il carburante, e saremo costretti ad abbracciar­ci nuovamente, a stringerci la mano, ad andare a piedi al supermerca­to»). Usa tutto il suo sarcasmo per sottolinea­re l’apatia che soffoca la società: «Questo è un momento splendido per il mondo: c’è chi timbra il cartellino per noi, chi va in parlamento per noi... chi non va in piazza siamo sempre noi».

Ringrazia la sua città Roma e il pubblico. Un’onda umana che canta e balla, indossando fasce con il nome di Renato e i cappellini di paillettes. «Che bellezza, non ci sono buche o monnezza che tengano». Per Zero il folle esce di scena e fa partire un video in cui, guardandos­i allo specchio, vede sé stesso giovane (interpreta­to da un attore), mentre immagini di repertorio mostrano Zero com’era ai tempi di Zerolandia e Zerofobia: divo e divino, sempre unico. Il concerto si chiude con la classica Il cielo e con il solito «Non dimenticat­emi». Un saluto che non ha più il sapore di un auspicio ma di una indistrutt­ibile certezza.

Mi sono fatto mettere uno stent, ora il cuore batte benissimo e sarà dura liberarvi di me

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Live Renato Zero la scorsa sera sul palco del Palazzo dello Sport di Roma (foto Roberto Panucci)
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