Fingeva di svenire per sfuggire all’ira del patrigno
Napoli, la sorella del piccolo Giuseppe
Fingeva di svenire per evitare che la picchiassero. La sorellina del bimbo ucciso a Cardito, nel Napoletano, a causa delle botte del patrigno, ha riferito in aula la strategia che aveva adottato per salvarsi dalla furia dell’uomo.
NAPOLI «Tony mi metteva la bocca sotto la fontana e se la chiudevo lui l’apriva con le dita. Mi faceva male tutti i giorni».
La voce che rimbomba nell’aula del palazzo di giustizia di Napoli è quella della neuropsichiatra infantile Carmelinda Falco, ma le parole che riferisce sono quelle che le disse un giorno di quasi dieci mesi fa una bambina che aveva appena visto morire suo fratello.
In corte d’assise è in corso il processo contro Tony Essobti Badre, che il 27 gennaio scorso uccise a pugni, calci e colpi con una mazza di legno il figlio di appena 6 anni della sua convivente, e contro Valentina Casa, la mamma del bambino che non fece niente per difenderlo mentre il suo compagno lo massacrava.
La dottoressa è testimone dell’accusa, perché fu lei a raccogliere, per conto dei magistrati della Procura di Napoli Nord, la deposizione della sorellina di 8 anni del bimbo ucciso, anche lei picchiata selvaggiamente quel giorno e sopravvissuta solo perché ebbe più fortuna del fratello.
Quelle ore drammatiche in cui Essobti Badre si accanì contro i due bambini, perché con i loro giochi e le loro vocine non lo lasciavano dormire in pace, sono già state ricostruite in altre udienze del processo.
La deposizione della dottoressa Falco va oltre, perché quando lei, il 29 gennaio, incontrò la bambina in ospedale, ne raccolse non solo il racconto di ciò che era avvenuto due giorni prima, ma una ricostruzione molto più ampia di come scorreva la vita in quella casa di Cardito — un paese della provincia — dove la bambina, il fratello e una sorellina di 3 anni (almeno lei risparmiata dal pestaggio) vivevano con la madre e quell’uomo al quale la donna si era legata.
La testimonianza della bambina è già riportata nell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di Tony Essobti Badre e Valentina Casa, e il gip che l’ha firmata, Antonella Terzi, non esita a scrivere che le sue parole «strappano le lacrime». Ascoltarle riferite in aula è anche peggio che leggerle, seppure la voce è di una adulta.
La psichiatra riporta episodi che il racconto della bambina colloca in momenti precedenti quel 29 gennaio. Per esempio quando Tony «mi voleva affogare, mi ha messo sotto la fontana del rubinetto del bagno. Una volta ci ha messo con la testa nel cesso». Alla neuropsichiatra la bimba rivelò anche la sua strategia per difendersi, fingendo di stare male o di svenire per «non avere troppe mazzate».
Rispondendo poi alle domande dell’avvocato di parte civile Clara Niola (al processo
Mi voleva affogare, mi metteva la bocca sotto la fontana del rubinetto del bagno e se la chiudevo me la faceva aprire. Per non prendere le mezzate fingevo di star male
Le accuse a scuola Due insegnanti e la preside dovranno rispondere di omessa denuncia
è stata ammessa la costituzione di Telefono azzurro e delle associazioni Cam e Akira) la dottoressa Falco ha riferito anche cosa le rispose la bambina quando lei le chiese se di quelle violenze avesse mai parlato con le maestre. Sì, ne aveva parlato: «Dicevo chiama i carabinieri, ma non li hanno chiamati». Risulta anche dalle indagini, ed è per questo che due insegnanti e la preside della scuola frequentata dalla bambina sono state citate in giudizio e dovranno rispondere davanti al giudice di omissione di denuncia.