Ilva, il governo sonda nuovi soci
Conte: slitta il Consiglio dei ministri. Immunità, la commissione boccia gli emendamenti
Rinviato alla prossima settimana il Consiglio dei ministri per l’ilva. Intanto il governo studia la possibilità di cordate alternative, che potrebbero scendere in campo dopo un breve periodo di nazionalizzazione sotto un nuovo commissario. Giudicato inammissibile l’emendamento che reintroduceva lo scudo, presentato da Italia viva al decreto fiscale, perché considerato estraneo alla materia.
È stato rinviato alla settimana prossima il Consiglio dei ministri che si sarebbe dovuto tenere oggi per prendere una prima decisione sulle acciaierie di Taranto. Uno slittamento causato ufficialmente all’emergenza Venezia. E, come dice il presidente del consiglio Giuseppe Conte, dalla necessità di raccogliere tutti i progetti allo studio dei vari ministri. Ma che in realtà conferma come il governo non abbia ancora trovato una soluzione. E come la questione, almeno per il momento, venga considerata più giudiziaria che politica. Con tutti i rischi del caso. La prima udienza del tribunale di Milano sul recesso di Arcelormittal è stata fissata per il 6 maggio, data fino alla quale la multinazionale è tenuta a rimanere a Taranto. Ma prima sarà discusso il ricorso urgente preparato dalla gestione commissariale, che potrebbe essere depositato oggi per poi essere esaminato nel giro di pochi giorni.
«Sarebbe la battaglia legale del secolo, e io penso che ci sarà un barlume di saggezza che porti Mittal a più miti consigli», dice il ministro per lo Sviluppo economico Stefano Patuanelli (M5S). E poi aggiunge: «Non voglio pensare a uno scenario post Mittal. La convinzione del governo è che non c’è nessun diritto di recesso da parte loro. Il nostro piano A, B, C e D è Mittal». Ma è davvero possibile trattenere la multinazionale se ha l’intenzione di lasciare Taranto, anche a costo di indennizzi che in caso arriverebbero dopo anni?
In caso di recesso la gestione dell'azienda tornerebbe direttamente nelle mani della gestione commissariale, per evitare lo stop agli impianti. Ma, sotto traccia, il governo studia la possibilità di cordate alternative, che potrebbero scendere in campo dopo un breve periodo di nazionalizzazione sotto un nuovo commissario. Sarebbe il modello seguito nel 2014 con Enrico Bondi. «Stiamo valutando qualsiasi cosa» ammette lo stesso Patuanelli a chi gli chiede se il governo stia prendendo in considerazione la possibilità di cercare altri partner per salvare le acciaierie. Ma non è il momento di scoprire le carte. Perché trovare un’alternativa adesso spingerebbe Arcelormittal verso l’uscita ancora più velocemente, mettendo a rischio quella «continuità produttiva» che lo stesso governo si impegna a garantire.
Stesso discorso per la nuova edizione dello scudo penale, che resta sotto traccia e di cui ufficialmente il governo non vuole parlare. L’emendamento che lo reintroduceva, presentato da Italia viva al decreto fiscale, è stato giudicato inammissibile perché estraneo alla materia. E questo allontana il momento dello scontro. Ma in una riunione del gruppo M5S al Senato ci sono state aperture per uno scudo a tempo, che pure sono state smentite sia dal capogruppo Gianluca Perilli sia dallo stesso Patuanelli. Al di là delle dichiarazioni pubbliche, però, c’è la disponibilità a parlare del tema. Ma solo se Arcelormittal si siederà di nuovo a trattare. E in ogni caso senza mettere la fiducia sul decreto.