Corriere della Sera

Gondole distrutte e blackout I turisti in fila per un selfie

Due vittime del maltempo, vaporetti e taxi fuori uso. Stivali venduti a 70 euro

- DAL NOSTRO INVIATO Francesco Battistini

VENEZIA Il taxi 309 si chiama «Gianni» ed è un motoscafo che sta di sghembo in una calle dietro l’hotel Danieli. Portato fin qui dalla rabbia del mare, ora fotografat­o come l’ultima cartolina d’una Venezia mai vista. Fa gran scena, come i pescherecc­i indonesian­i rovesciati nelle piazze di Banda Aceh dopo lo tsunami. Gli stranieri camminano con le galosce per i sestieri, si mettono in fila e ci posano davanti, facendo pure la V con le dita. I veneziani passano oltre con la smorfia della sconfitta: in piazza San Marco un russo si mette anche a nuotare, nessuno ha voglia di litigarci e dirgli che giorni sono, per la stressatis­sima Serenissim­a. Qualcuno fa i soliti quattro soldi sporchi stravenden­do gli stivali a 70 euro, qualche tassista mette a disposizio­ne la barca gratis, «ma solo per i residenti».

Alla sera riecco l’ululato. Cupo. Col primo buio. Per avvertire che l’acqua è tornata alta e questo giovedì si galleggia ancora: 125 centimetri, per cominciare. Non sono i 187 dello sfascio di martedì notte, non spaventano chi ormai va sotto due giorni su tre, ma è quanto basta ad agitare una Venezia scampata alla seconda peggiore alluvione della sua storia: un morto fulminato a Pellestrin­a, un settantenn­e che nella bufera cercava di staccare la corrente di casa, un altro uomo ucciso da un malore, l’85 per cento della città sommerso, quattrocen­to interventi dei pompieri, decine di palazzi, chiese, musei invasi da un mare incontenib­ile, scuole sbarrate.

Gran parte della città è rimasta a lungo senza luce, i bancomat sono saltati in molti punti. Travolta la Ca’ d’oro, mezzo incendiato lo scalone di Ca’ Pesaro, danni alla fondazione Pinault, alle vetrerie di Murano e all’università Ca’ Foscari, che ha cancellato le sedute di laurea. Chiuso il più antico caffè d’europa, il Florian, e lo stesso il Quadri. Invasi dalle onde i grandi alberghi del lusso, a cominciare dal Gritti. Da Chioggia a Jesolo, a Bibione, piange anche la costa. Una trentina di gondole sono sfasciate: e non esistono cantieri in grado di ricostruir­le tutte, in tempi brevi.

Ci vorranno giorni, a fare un inventario del disastro: «Centinaia di milioni di danni», anticipa il sindaco Luigi Brugnaro, ma soprattutt­o una preoccupaz­ione che cresce come l’acqua. I fatali 140 centimetri che fanno scattare l’allarme e sommergono la città al 90 per cento, nell’ultimo secolo, sono stati toccati ventitré volte: tredici, dal 2000 a oggi. L’allarme marea non rientra, lo stato d’emergenza non aiuta a risollevar­e.

Il sindaco di Chioggia, disperato, martedì aveva chiesto d’attivare in via eccezional­e il Mose. Gli hanno risposto di no: la situazione era già grave, per aggiungere danno a danno.

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Un vaporetto inutilizza­bile in Riva degli Schiavoni, a Venezia, dove l’acqua alta ha raggiunto i 187 centimetri
(Afp) Incagliato Un vaporetto inutilizza­bile in Riva degli Schiavoni, a Venezia, dove l’acqua alta ha raggiunto i 187 centimetri

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